Oggi vi vorrei raccontare di quella volta che ho deciso di fare un viaggio “on the road” in California.

Il viaggio dei miei sogni, terre ampie e sconfinate, strade lunghissime e desolate, chilometri e chilometri di asfalto fra deserto, paesaggi costieri, montani e laghi.

Già mi immaginavo immerso in questi luoghi a bordo di un’auto americana, di quelle grosse ed esagerate come solo gli americani sanno fare.

Capelli (pochi) al vento, sole alto nel cielo, 40 gradi, sfrecciando su e giù per le strade degli Stati Uniti.

Torno alla realtà e inizio a mettermi davanti al computer cercando informazioni utili a realizzare il mio sogno americano.

Ed ecco il primo ostacolo: la patente internazionale.

Certo, perché per poter guidare un’auto in alcuni paesi del mondo, fra i qualigli Stati Uniti, non basta la patente locale, ma serve una patente “speciale”.

Un documento che certifica a livello internazionale che si è in grado di guidare.

Così ho pensato: “Andre, cosa vuoi che sia? Guidare lo sai fare, la patente ce l’hai, sarà un certificato da richiedere a qualche ufficio della motorizzazione civile italiana”.

E in effetti il mio pensiero era esatto.

Quello che al momento ignoravo è che per poter richiedere quel certificato, la procedura, in Italia, non è così immediata.

Ed ecco quello che andava fatto per ottenerla:

• Una fotocopia della propria patente di guida.

Nessun problema, fatta con facilità.

• 2 foto recenti, delle quali una autenticata dal proprio comune di residenza.

Cerco una di quelle macchinette solitamente presenti nei centri commerciali, per la foto. Poi, mi reco all’ufficio anagrafe del mio comune per l’autenticazione, in poche parole… un timbro.

• Attestazione di versamento di ben 2 bollettini postali.

Vado all’ufficio postale e compilo i bollettini richiesti.

• Marca da bollo.

Dalle poste mi sposto in tabaccheria e acquisto la marca da bollo.

• Un modello con la richiesta della domanda per la patente internazionale.

Facile, essendo l’unica cosa che si possa scaricare da Internet.

Fatte tutte queste cose, mi armo di tanta pazienza e mi reco alla motorizzazione civile.

Mi alzo mattiniero pensando, con la furbizia tipica dell’italiano medio, di essere il primo della fila.

Macché, tanti altri quello stesso giorno hanno avuto la mia stessa idea.

Così, con in mano i miei fogli e foglietti aspetto il mio turno.

Aspetto.

E aspetto.

E finalmente riesco a consegnare orgoglioso tutto alla funzionaria della motorizzazione che, dopo aver preso visione di tutte le mie carte, mi liquida con un altro foglio con impressa la data per poter ritirare la mia patente.

Altre 2 settimane d’attesa, che fortunatamente passeranno alla svelta.

Tutto questo per ritirare alla fine un altro foglio cartaceo, che servirà per poter guidare la mia auto nello stato più soleggiato d’America.

Carta su carta, per avere fra le mani altra carta che dopo un anno non servirà più.

Tutto questo mi ha ricordato una bellissima scena di Asterix e Obelix alla ricerca del “lasciapassare A38” nel film d’animazione “Le dodici fatiche di Asterix”.

I due guerrieri gallici in questa scena sono alle prese con la burocrazia romana per ottenere un lasciapassare e, una volta entrati nel palazzo romano, vengono rimandati da un ufficio all’altro e da un piano all’altro dell’edificio e, dopo aver fatto un numero imprecisato di scalini e scale, arrivano a sbottare dalla collera. Il resto della scena la lascio a voi.

Perché vi ho raccontato tutto questo? Perché pur vivendo nell’era digitale e dell’informatizzazione, nell’Internet 2,3,4.0 e chi ne ha più ne metta, per avere un documento, che potrebbe benissimo essere rilasciato online, si è obbligati a compiere spostamenti da un ufficio all’altro, fra ore di attesa e permessi dal lavoro, proprio come fecero Asterix ed il suo amico Obelix nell’antica Roma.