11Ebbene sì! Alla veneranda età di 36 anni (36!!!) ho finalmente assistito al mio primo concerto dal vivo!

In realtà non è proprio il primo primo, ma se escludiamo i concerti gratuiti alle feste paesane o quelli altrettanto emozionanti vissuti a teatro, allora è veramente il primo.

Non il primo qualunque, se permettete.

Per l’occasione ho voluto fare un salto indietro di 20 anni, accompagnato da due colleghe dall’altrettanta veneranda età ma con un background “concertistico” ben più ampio del mio (e grazie, ci vuole poco!): mi sono regalato il ritorno in Italia dei Backstreet Boys all’Unipol Arena di Bologna (se sei troppo giovane per sapere chi sono i BSB guarda qui)

Ovviamente affermare “è stato il concerto più bello della mia vita” non mi rende attendibile, in quanto ho appena detto che si tratta del primo.

Posso però dire che non mi divertivo così da tanto, tanto tempo.

Il concerto della boy band americana è stato uno spettacolo dall’inizio alla fine: un susseguirsi di emozioni fatte di luci, colori, effetti visivi e scenografici in due ore vissute tutte d’un fiato, senza nemmeno un attimo di pausa. Comprendere come un gruppo di arzilli ragazzi ormai prossimi ai 50 riesca ancora a girare mezzo mondo ballando e cantando due ore di seguito ogni sera è difficile, ma probabilmente questa è sempre stata la loro forza e l’affetto e l’entusiasmo del pubblico dopo quasi 30 anni di carriera sono per loro il riconoscimento più grande.

Da neofita di concerti all’interno di un palazzetto ho cercato da subito il mio posto all’interno di quella che, per me, era un’esperienza tutta da scoprire. Ho guardato con attenzione l’intera struttura dell’arena, gli spazi esterni, i grandi cancelli di metallo che separavano gli addetti ai lavori dai fan assiepati al di fuori in attesa di entrare, gli stand illuminati dove mangiare e bere, le variopinte bancarelle con l’intero merchandising del gruppo.

Una volta entrato, ho spostato la mia attenzione sulla grandezza dell’impianto, lo spazio dedicato al palco, le tribune che ancora dovevano riempirsi, i bar dove poter prendere l’acqua, le vie di accesso ai bagni (indispensabili!). Sui nostri biglietti, la dicitura “Parterre in piedi” assegnava il nostro posto in mezzo a coloro che, come noi, avevano scelto di vivere il concerto ai piedi del palco. A nostra piacevole meraviglia, siamo riusciti a posizionarci non molto distanti dalla passerella centrale (con la via di fuga in direzione bagni ben visibile alle nostre spalle!).

Nonostante il palazzetto fosse sold out, la mia vista del palco era incredibilmente nitida: dall’alto del mio metro e 80 nessuno riusciva a ostruire la mia visuale, complice la presenza di un pubblico prevalentemente femminile (dove prevalentemente, in termini percentuali, è uguale a 95) con statura media molto più bassa della mia.

Ndr: Chiara – una delle due colleghe – aveva davanti l’unico ragazzo più alto di 1,80.

Anche l’attesa per l’inizio dello spettacolo è stata emozionante. Tutto sembrava perfettamente in equilibrio, anche dentro di me.

All’uscita trionfale del gruppo, però, ecco che la magica atmosfera subisce un’improvvisa frenata d’arresto: tutti gli spettatori davanti a me alzano al cielo i loro coloratissimi smartphone annullando dunque il vantaggio che il mio metro e ottanta mi aveva concesso fino a quel momento. Nel giro di pochissimi secondi, una serie infinita di dispositivi mobili (a noi markettari piace dire così!) si è frapposta tra me e il palco, inquadrando quello che avrei dovuto vedere normalmente con i miei occhi. Tutti stavano immortalando il momento. Tutti stavano osservando lo spettacolo dal loro smartphone. E io nei loro.

Devo dire la verità: anche a me è sorto spontaneo afferrare il mio smartphone e iniziare a riprendere il momento. Alzando le braccia più in alto di tutti, quasi come fosse una gara di sollevamento. Mi è sembrato un gesto quasi obbligato, spinto dall’inspiegabile voglia di catturare quelle emozioni attraverso un video, per poi farne non si sa bene cosa. Esattamente come succede allo stadio, quando il rigore decisivo non viene più vissuto dal vivo ma attraverso la registrazione del proprio smartphone, nell’occasione di riprendere e poi condividere sui social l’episodio che ha deciso la partita.

Sulla tendenza di “vivere” gli eventi non più nella realtà ma attraverso un dispositivo elettronico se ne parla ormai da anni e di articoli, sul tema, ne sono usciti a migliaia.

Parlarne adesso non è certo una novità, ma devo dire che non avevo mai vissuto in prima persona questa nuova realtà.

Una realtà che – oggi – ci dice che consumiamo sempre più esperienze con un dispositivo elettronico in mano per immortalarle e condividerle attraverso i social. Una realtà che ci racconta come – oggi – farlo è sempre più semplice in quanto la tecnologia dei nostri smartphone è sempre più avanzata e ci consente di compiere azioni che fino a pochi anni fa era impensabile compiere (ora è possibile utilizzare tutte le fotocamere del nostro dispositivo registrando quello che stiamo osservando ed inquadrando la nostra reazione).

Una realtà che – oggi – ci fa perdere l’esperienza stessa, in quanto siamo concentrati più sul mettere a fuoco la scena che ad ascoltare le emozioni che ardono dentro di noi.

Una realtà che non mi ha certo impedito di godermi appieno il concerto (come detto, mi sono divertito un sacco) ma che mi ha tolto comunque qualcosa.

Mi ha tolto tempo, in quanto alla fine ho registrato anch’io molti video che ho puntualmente pubblicato sui social.

Mi ha tolto le persone, il guardarmi attorno e vedere chi c’era accanto a me a condividere quei momenti.

Mi ha tolto i particolari più veri, nella continua indecisione se riprendere quella o quell’altra cosa.

Mi ha tolto emozioni.

Ad un certo punto, stufo di dover fare a gara a chi avesse il braccio più alto o la ripresa migliore, ho messo in tasca il mio smartphone e ho iniziato a ballare tutte le mie canzoni preferite. Dal vivo, senza nessun filtro.

È vero, i video ci permettono di fissare i momenti importanti della nostra vita, riportandoceli alla mente quando vogliamo. Li abbiamo lì, sempre a portata di mano.

Ci portano indietro nel tempo e ci fanno rivivere nuovamente quelle emozioni. In un modo diverso, ma oggi irrinunciabile.

Tutti dicono che i video ci forniscono emozioni. Io mi chiedo se, invece, ci stiano togliendo queste emozioni.