Diventare adulti + lavorare = trauma
Tavolobrain serve anche per raccontare i propri traumi.
L’ho deciso io ieri.
Proprio quando mi sono accorta di essere diventata adulta.
Diventare adulti fa schifo.
Lavorare tutti i giorni fa schifo.
Ma meglio nel 2021 che 100mila anni fa.
Diventare grandi succede proprio così all’improvviso: prima sei generalmente libero e senza responsabilità, poi un giorno ti svegli e devi andare a lavorare tutti i giorni per portarti a casa il pane.
100mila anni fa eri un homo sapiens sapiens che doveva cacciare per procurarsi il cibo, oggi sei un homo sapiens sapiens con meno peli che va a lavoro e fa la spesa.
Ma partiamo dal principio.
Un bel giorno, tanti mesi fa, ho terminato il mio percorso universitario e sono stata assunta a copiaincolla. Da quel giorno, per 5 giorni ogni settimana esco di casa e mi reco a lavoro percorrendo 43,3 km all’andata e 43,3 km al ritorno, restando 8 ore e 45 minuti in ufficio circa. Ogni giorno, appunto.
Questo cambiamento ha portato un grande cambiamento nella mia vita: sono passata da studiare e lavorare saltuariamente, a lavorare regolarmente.
Dal momento in cui è cominciata questa regolarità (non intestinale purtroppo) credo di aver subito una specie di trauma e ho passato giooooorni interi a pensare alla differenza che esiste tra l’andare al lavoro oggi e l’uscire per procurarsi il cibo di secoli e secoli fa.
Saranno state le lezioni di storia della Maestra Federica alle elementari, le gite ai musei di storia naturale delle medie, il libro che mi ha prestato Emanuele sulle scimmie, i racconti dei miei nonni che andavano a scuola a piedi con il freddo.
Sarà stata la mia abitudine di vivere nel passato e di sorprendermi quando vedo l’acqua scorrere ogni volta che apro un rubinetto. O il vedere gli oggetti intorno a me come invenzioni così futuristiche.
Sarà stato il passaggio tra lo stato di studente-lavoratore saltuario allo stato di lavoratore a tempo pieno.
Ma sono piuttosto sicura di aver subito un trauma: sono rimasta scioccata.
Voi riderete, ma ho cominciato a riflettere sul fatto di dover andare a lavorare T-U-T-T-I i giorni e sul perché fosse così.
E allora ho cercato di darmi una spiegazione basandomi sulle abitudini della mia mente: il passato e il parallelismo con il passato (da brava strategist elaboro anche spiegazioni e pensieri strategicamente).
Quindi, dicevo…
Dicevo che quasi ogni giorno esco per andare al lavoro. Ho il mio ufficio, la mia scrivania, il mio Mac di nome Bergamotto, una meravigliosa cassettiera nero opaco dove conservare i miei viveri, acqua potabile disponibile senza dover uscire a raccoglierla dalle pozzanghere rischiando di essere divorata da un animale selvatico.
Se fossi vissuta 100mila anni fa sarei potuta uscire dalla grotta solo nei momenti di luce, avrei avuto una lancia di nome Lancia per cacciare qualche animale, alcuni meravigliosi sassi con i quali disegnare sulle rocce, due legnetti per farmi il fuoco e nessun attaccapanni con la scritta hello.
Ogni settimana mi siedo sulla mia sedia grigia da ufficio con le ruote e faccio tantissime ricerche, elaboro dati, studio nuovi mercati, sviluppo strategie e poi mi viene mal di schiena perché resto troppo seduta.
Se fossi vissuta 100mila anni fa sarei stata sempre in piedi, di corsa, piena di peli, a cercare nutrimento. Il dolore che avrei sentito sarebbe stato quello del coccige rotto per essere caduta da un albero mentre cercavo di scampare ad un lupo.
Creare questi continui parallelismi mi ha permesso di superare il trauma e capire che, in fondo, non è così male essere adulta e andare a lavorare tutti i giorni nel XXI secolo, se penso che l’alternativa di 100mila anni fa era uscire per molto più di 8 ore e 45 minuti e rischiare di tornare a casa senza cibo e con una gamba rotta, per poi dormire in una grotta senza porte blindate.
Centomila anni fa nessuno aspettava la tua maturità o l’altezza giusta per farti uscire a procurarti del cibo: l’homo sapiens non iniziava a cacciarsi la vita a 18 anni o a 25 una volta finita l’università. Non c’era l’età adulta che intendiamo oggi, non esisteva preparazione mentale per cominciare a lavorare.
Oggi, invece, fanno di tutto per prepararti ad essere adulto e alla vita da adulto.
Eppure non ti preparano mai.
La scuola una palestra di vita.
L’università una sfida.
Lo sport per imparare a stare in squadra.
I viaggi di gruppo senza genitori per adattarsi.
Esperienze da fare ma che non saranno mai abbastanza per prepararti all’ “adulthood”.
Diventare adulti è un processo lento che avviene dentro di noi.
Ad alcuni avviene prima. Ad altri dopo.
Ad altri succede velocemente. Ad altri lentamente.
A me ha traumatizzato.
(E lo stesso avviene per abituarsi al mondo del lavoro).
Ma alla fine tra parallelismi, traumi, cambiamenti e adulthood, non mi sono nemmeno accorta che ormai sono passati due anni.
Due anni di lavoro-ogni-giorno.
Due anni di strategie.
Due anni di Pizza & Birra.
Due sedi diverse.
Due anni di copiaincolla.
(E ancora non mi piace essere adulta.)