Tutte Frida col monociglio degli altri
Attenzione!
Ogni riferimento a Frida realmente esistite è puramente fatto apposta.
L’avete sentita la canzone – brutta – dei The Kolors? Quella che fa “L’amore non è che una sfida, sarà la nostra regola, come per Frida, come per Friiidaaa”.
No? Bene, non fatelo. E tranquilli, non ve la linko.
Dunque, partiamo dal fatto che parlando di Frida, porella, si parla sì di sfida ma anche di sfiga.
Quella aveva la nuvoletta di Fantozzi prima ancora che esistesse Fantozzi. Aveva le operazioni chirurgiche d’avanguardia prima ancora che diventassero d’avanguardia (32, per chi non lo sapesse).
Ma torniamo a noi. Dico io, ma era proprio necessario scomodare Frida? Non potevano usare qualche amore fittizio tipo Jack e Rose, Dawson e Joey, Gigi d’Alessio e la Tatangelo?
C’è una linea sottile tra un omaggio all’artista e un uso prettamente “gratuito” dell’identità artistica – che peraltro anche a livello legale resta molto sottile. Voglio vedere voi se dopo morti vi ritrovaste il vostro nome come titolo di una canzone di tre pop-panti, con tutto il rispetto, no dai tutto no, solo un po’.
Il mio cognome, ad esempio, è già stato utilizzato per battezzare un discutibile gruppo femminile di genere kpop – che non avevo idea di cosa fosse prima di leggere sul buon Wikipedia che si tratta di “korean pop“. La canzone, invece, si chiama “Why” e mi trova già più d’accordo. Anche il look bananarama è altrettanto discutibile, ma non stiamo qui a pettinare le barbie di Frida.
Il brutto sequel che stiamo girando
Quello che il mondo sta facendo di Frida è una pura strumentalizzazione. Non è una diffusione della sua arte, né tantomeno una fedele riproduzione di quella stessa arte. Ed è una cosa ben diversa anche dalla copia.
Quello che stanno facendo alle sue opere – e di conseguenza a lei dato che ci ha letteralmente messo la faccia – è peggio dei calzini Nke, è peggio della cover house di un pezzo di Bob Marley, è peggio di quando cerchi un Autogrill e trovi un Sarni.
È meglio solo di Sharknado, perché quello è un film di cui fa schifo l’1, il 2, il 3 e il 78, mentre quello che stiamo scrivendo per Frida Kahlo è un infinito brutto sequel di un 1 già concluso, integro ed assoluto così com’è.
Uno di quei sequel scritti last minute solo per le vendite che non solo peggiorano la storia, ma rovinano anche la percezione generale della trama originale. Frida oggi non è la donna che vive attraverso le nostre storie, ma che vive attraverso le nostre manie.
Una percezione poco politica e tanto politically correct
Quadri colorati e corone di fiori, femmina e femminista, bisessuale e pluritradita (perché quasi tutte abbiamo avuto un Diego per cui avremmo dato un polmone e che nel frattempo giocava al dottore con nostra sorella), vita sofferta e destino crudele, messico e nuvole. Come potrebbe mai non piacere a qualsiasi hipster?
Alzino la mano gli hipster che sono andati al Mudec a vedere la retrospettiva. Ora la alzino quelli che sono andati al Mudec a farsi un selfie.
A nessuno frega che, sdraiata sul letto, si specchiasse in un suo vero ritratto impressionista/realista/cubista/fratturista e che si ricomponesse pennellata dopo pennellata in un visionario dipinto di una corrente che nemmeno per sogno può essere etichettata, a nessuno frega che lottasse per la libertà individuale, collettiva e politica per essere quello che era, tantomeno della sfiga che ha avuto.
È appeal commerciale, è trend popolare, è la musa di tutte le umane e la beniamina di tutti gli dei. Del suo nome, che è anche piuttosto eufonico, è stato fatto il naming per qualsiasi cosa: negozi, progetti, ora anche canzoni.
È dappertutto, persino sugli assorbenti. Mi immagino proprio la conversazione nell’ufficio marketing di chi li ha prodotti.
“Concept: emblema dell’emancipazione femminile.”
“Frida. Mettiamo Frida sugli assorbenti.”
“Ooooh sugli assorbenti, genio. Sei un genio!”
Che poi è un genio davvero, perché la gente li compra. Ancora più attuale, è di moda persino nell’estetica d’élite.
Di Frida Kahlo oggi è rimasto solo un sopracciglio
Lo chiamano unibrow trend, perché monociglio come Elio e le storie tese pareva brutto. Che poi, tralasciando l’estetica, perché una cifra di stile unica deve diventare uno stampino da pasticciere? È questo che abbiamo imparato da lei? Io penso che lei abbia cercato di dirci di accettare noi stesse, non di cambiare noi stesse. Di cercare la bellezza nella nostra imperfezione, non nella sua.
E nel frattempo quello che ne viene estrapolato è via la pinzetta e vai di scimmietta. Ah, a proposito di scimmietta. Per chi se le fosse perse, di Frida ci sono pure le emoticon.
Un’icona che non aveva la presunzione di esserlo
Non che sia la prima volta che questo accade, specialmente nell’arte. Gli artisti e i loro soggetti sono già abituati a questo trattamento. La Gioconda ha avuto un suo momento di gloria sìglobal, ma oggi sorride un po’ meno. L’abbiamo vista ridere, piangere, con gli occhiali, coi baffi. Va beh che Frida anche i baffi ce li aveva già, per cui bisognava pur inventarsi qualcos’altro. Ma i tempi cambiano e, un po’ come Madonna con Lady Gaga, la Gioconda ormai è roba vecchia.
Pare che, secondo alcuni critici, politici e scassacassi vari (cit.) lei sarebbe felice di questo suo successo commerciale postumo in quanto amava autodipingersi. Si è inventata e si è venduta da sola. In effetti, pensandoci bene, Frida era già un cult prima di diventarlo.
Tutto questo mi fa pensare a come l’arte venga utilizzata allo stesso modo di fenicotteri rosa e unicorni arcobaleno.
Non fraintendetemi, il fatto che l’arte sia tenuta viva è una cosa stupenda. Ma siamo davvero sicuri che questo sia il giusto modo di farlo? Quanto abbiamo imparato dall’esempio di Frida? Purtroppo, secondo me, ben poco.
Lasciamola scorrere nelle nostre vene, facciamola vivere nelle nostre emozioni, nelle nostre rivoluzioni, nelle nostre sofferenze. Attraverso le nostre vite, non attraverso i nostri assorbenti.
LE FAQ
Le Faq non ci sono, sono andate a bere un caffè.
E caso mai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!