Penso di rientrare a far parte di quella ormai ristrettissima – credo – schiera di persone che, al grido di “si stava meglio quando si stava peggio”, rimpiangono la cara vecchia carta stampata.

Ovvero quando un’azienda, per farsi conoscere o per vendere, stampava cataloghi, company profile, biglietti da visita, etc, e non comunicava attraverso social come Facebook.

Volete mettere il profumo di un company profile fresco di stampa? È davvero paragonabile a un post con X like e X commenti di cui X/3 sono polemiche?

In agenzia, faccio questo meraviglioso lavoro che è il graphic designer da una decina d’anni e anche se magari non è tantissimo, mi sembra passato un secolo da quando, finito di progettare un lavoro, mi mettevo con la mia seggiolina di fianco alla libreria dei campionari di carta. Palpavo letteralmente ogni singolo foglio facendolo scorrere tra pollice e indice con gli occhi socchiusi fissando un punto non ben identificato e pensando “senti l’effetto gommoso, no questo è fastidioso da toccare, questo troppo banale, senti il ruvidino…” finché non trovavo quelle 2/3 alternative che mi convincevano e che decidevo di presentare al cliente.

Adesso passo davanti e lancio un’occhiata a quei campionari di carta con una grande nostalgia e onestamente non ricordo l’ultima volta che li ho guardati con l’attenzione che meriterebbero. Semplicemente perché non ho più avuto occasione di dover decidere che tipo di carta usare.

Perché se è vero che si stampa pochissimo, è anche vero che quelle volte che qualcuno ci fa la grazia di dire “ok stampiamo”, vuole investire il meno possibile e quindi in agenzia dobbiamo fare tutti harakiri e accontentarci di proporre una meravigliosa patinata lucida o una fastidiosissima patinata opaca che fa venire 3 dita di pelle d’oca ogni volta che provi a girare pagina. Perché l’usomano poi “è troppo cheap” (per gli altri, mica per me, God bless la Biancoflash).

Esempio pratico: una volta all’anno mi telefona in ufficio un rappresentante di carte. Ogni volta ci mettiamo d’accordo su quando vederci per conoscere i nuovi prodotti o aggiornarne altri, poi riattacco il telefono e maledico il giorno in cui “qualcuno” ha deciso che il digitale era meglio dello stampato.

Ogni volta lui mi chiede “avete usato qualcuna delle nostre carte?” – che, per inciso, sono stupende – e io ogni volta maledicendo ogni singola parola che mi esce di bocca, rispondo “sai che purtroppo no? Ormai sai sono tutti improntati sul digital… ” e da lì parte una tiritera, che di solito dura 10 minuti, sul fatto che è vero, che non è più come una volta ma “cosa ci vuoi mai fare, il digital è il futuro”.

BALLE.

 

Io nel mio piccolo, spero ancora che, come il vintage, prima o poi l’era della carta stampata torni a dare un calcio nel sedere a tutte quelle cose che ormai possiamo raggiungere con un click, o meglio, che si ristabilisca un equilibrio.

Perché internet e il digital sono fonti inesauribili, sono aggiornabili nel giro di un click e possiamo stare qui a raccontarcela per ore, ma l’emozione che dà sfogliare un libro o una rivista non la dà nessuno.

E questa cosa di stampa vs digital vale nel mondo del lavoro come nella vita privata.

Vi ricordate l’ultima volta in cui avete fatto stampare (anzi sviluppare) una foto? Io no.

Giusto l’altro giorno parlavamo del fatto che il “signor internet” ha dichiarato che in futuro ci sarà un buco temporale, per il semplice motivo che non ci sono foto che documentino ciò che è accaduto in tot anni. Questa cosa a me sembra abbastanza inquietante. Se dovessero bruciarsi tutti gli hard disk del mondo ed esplodere i vari cloud forse i nostri nipoti non saprebbero mai che faccia avevano i loro nonni.

È una prospettiva tragica, lo so, però a volte forse l’evoluzione non è una cosa così positiva al 100%. Basterebbe che si ristabilisse un equilibrio tra le cose, invece mi sento di dire che nel 2019 o è tutto bianco o è tutto nero.Quando invece il grigio è un colore meraviglioso, con tantissime sfumature (non 50) che non riusciamo ancora a cogliere.

Speriamo non si esauriscano presto.