Non esistono più le pubblicità di una volta
Per (almeno) due motivi.
Ve lo ricordate quel meraviglioso spot della Barilla, con la bambina che perde lo scuolabus e sotto la pioggia sulla strada verso casa trova un gattino e decide di prenderlo con sé, il tutto accompagnato da una musica strappalacrime e lo speakeraggio finale che recitava “dove c’è Barilla c’è casa”?
Ma voi, uno spot così bello negli ultimi anni l’avete visto? No, vero? Nemmeno io.
Tolto il fatto che se avessero provato a mandarlo in onda oggi, nel 2018, probabilmente il temutissimo popolo del web si sarebbe rivoltato per i seguenti motivi:
• i bambini abbandonati da uno scuolabus?! Denuncia all’autista!
• una bambina che torna a casa da sola sotto la pioggia e la scuola lo permette?! Denuncia alla scuola!
• i genitori che non si preoccupano che la bambina torni a casa in orario? Snaturati!
Mi sono resa conto che se mi fermo a pensare a uno spot che ultimamente mi ha colpito sul serio, non mi viene in mente niente.
Al contrario, invece ricordo, molto bene quelli che mi hanno fatto pensare “oddio che orrore”.
Negli anni 90 non era Natale finché non compariva in TV la pubblicità della Coca Cola. Rendiamoci conto che Babbo Natale oggi ha l’aspetto che ha anche grazie a loro. Mica roba da poco!
Adesso a Natale cosa c’è? Una carrellata di profumi. Punto.
E l’immancabile arrivo (per fortuna) di pandori/panettoni.
Vero, lo spot delle due sorelle di Bauli l’anno scorso era notevole
ma perché probabilmente non avete visto quelli di Tartufone! 😉
Negli ultimi anni, e qui mi ricollego a quello che dicevo inizialmente, credo si sia sviluppata una sorta di “ansia da prestazione pubblicitaria”.
Una volta non si faceva caso al fatto che una bambina potesse essere lasciata a piedi da uno scuolabus – semplicemente perché non era quello il punto saliente della storia!
Adesso in un’agenzia probabilmente questa scena verrebbe analizzata nei minimi dettagli perché purtroppo il popolo del web non perdona.
Abbiamo tutti presente cos’è successo quando l’anno scorso l’asteroide di Buondì ha colpito la mamma. Avreste rischiato voi la gogna per “l’abbandono di un minore” da parte di uno scuolabus?
Per carità, probabilmente sto esagerando, ma magari neanche troppo.
È che ormai siamo talmente influenzati dalla potenziale eco che il nostro lavoro potrebbe avere sul web che spesso ci tarpiamo le ali da soli, al solo scopo preventivo. E non parlo solo di spot, ma di qualsiasi tipo lavoro che ci troviamo ad affrontare.
Qui in agenzia per fortuna è capitato solo un paio di volte, tra l’altro molto ravvicinate, che un post venisse interpretato in modi a cui non avevamo pensato, talmente inaspettati da lasciarci basiti per i successivi 3 giorni. Perché purtroppo sembra che ormai ci sia una “gara” a trovare il marcio ovunque.
E quindi, scottati da quell’esperienza sulla nostra stessa pelle, ogni volta ci poniamo mille interrogativi, una buona percentuale dei quali probabilmente inutili.
L’altra motivazione che mi viene in mente sul fatto che “non ci sono più gli spot di una volta” è che, purtroppo, il mio/nostro lavoro ormai va talmente di moda che chiunque si può improvvisare un creativo pubblicitario.
Per fortuna, in molti preferiscono ancora affidarsi a chi conosce i meccanismi del marketing.
Una volta “il pubblicitario” era un lavoro che facevano pochi eletti, quelli che i loghi li disegnavano davvero sulla carta e che creavano pubblicità che erano dei veri e propri film. Più o meno l’equivalente di un astronauta.
Provate a immaginare, oggi, se un “cugino” si mettesse a pensare addirittura ad uno spot. Sono sicura che vi viene in mente almeno una pubblicità che potrebbe benissimo essere opera sua.
Ma non voglio fare sempre la guastafeste, anche perché altrimenti, dato il lavoro che faccio, questo potrebbe quasi sembrare un articolo controproducente, quindi citerò un paio di spot (o “film” come ci piace chiamarli ultimamente) che, recentemente, mi sono piaciuti.
Questo perché, onore al merito (per fortuna!) le mosche bianche ci sono ancora.
Sicuramente ce ne saranno molti altri che al momento non mi vengono in mente (e a questo punto ci sarebbe da chiedersi perché, ma ritorneremmo all’inizio di questo articolo, o di questo) per cui invito chiunque stia leggendo questo articolo a segnalarmi uno o più spot che ritiene belli e uno o più spot che invece non ha gradito per niente.
Non si sa mai che possa ricredermi e uscire da questo tunnel di cinismo-da-spot-mediocre che mi sta tormentando da un po’.
Gaia
6 anni agoCondivido. E il dubbio era venuto. Quello che mi spiace è vedere (per esempio) la Coca Cola, che da inventare Babbo Natale è giunta chissà come a un fastidioso cameriere-prestigiatore. E mi domando.. Ma con tutti i soldi che hai… questo è il meglio che offri? E allora ecco la tragedia: il mio pensiero che vaga a “mio cugino con 30 mila lire….” ecc ecc ecc. 🙃
Chiara Ongari
6 anni agoNon posso fare a meno che essere d’accordo sul fatto che a vedere certi “tracolli” ci si chieda davvero se a un certo punto non sia spuntato fuori il famigerato cugino. Ma purtroppo temo che non sia tanto una questione di cugini o di budget, quanto di carenza di idee, e questo forse è anche peggio del parente incompetente.
Giuseppe Garra
6 anni agoGli spot pubblicitari, dagli anni ’80 in poi, sono stati costruiti per diffondere dei modelli culturali più che reclamizzare i prodotti come avveniva fino al decennio precedente. Da ciò deriva che certi spot facevano presa in modo straordinario poiché mostravano situazioni, personaggi, valori, nei quali molti si riconoscevano ma allo stesso tempo venivano diffusi entrando a far parte della cultura.
Questo però alzava il livello della posta in gioco poiché, ad esempio, negli anni ’90 girava uno spot Mercedes in cui la maestra chiedeva ai bambini cosa volessero fare da grandi e mentre gli alunni rispondevano uno guardava fisso fuori dalla finestra. Alla fine, tocca a lui rispondere e dice “io da grande voglio guidare quella” indicando la Mercedes. Chiaro il riferimento al modello edonista degli anni ’80 in cui il successo si misurava sugli status symbol come macchina, moda, profumi, etc. ma messo in bocca a un bimbo come prospettiva di vita diveniva quasi un atto criminale. Tuttavia questo era il tenore di quegli spot e funzionavano alla grande fin quando la crisi degli anni ’90 non travolse quello stile di vita… Un antropologo queste cose le studia nel dettaglio e certi modelli culturali li identifica in modo preciso ma la maggior parte delle persone subivano incoscienti il fascino della … Milano da bere!