Che abbiate o non abbiate colto il riferimento a Frankenstein Junior nel titolo qui sopra, pone già una delle questioni chiave riguardo alla selezione di coloro che si candidano a far parte di copiaincolla. La questione generazionale.

Condividere battute di Frankenstein Junior è più difficile con ragazzi nati dopo il 1990 di quanto non lo sia con chi è nato prima. Allo stesso modo i primi troveranno un muro quando tenteranno di parlare ai secondi di Dua Lipa oppure Favij e gli altri mostri sacri dello youtuberismo. Questione di differenti esposizioni culturali.

Attenzione: non generazioni culturalmente migliori o peggiori di altre; solo differenti.

20 secondi di ripasso. Per non lasciare indietro nessuno 😉

Perché un copy, perché io

Se scrivo questo articolo è perché mi capita spesso di fare colloqui a chi si candida per entrare nella squadra dei copywriter di copiaincolla. Se capita a me di farli è perché la scelta aziendale, qui, è di far chiacchierare il candidato con chi all’interno dell’agenzia – in caso di assunzione – sarebbe il suo vicino di scrivania.

Io – copy – che avrò molto a che fare con te – anche tu copy -, io che so come amiamo lavorare, e che ricordo esperienze positive e negative vissute in agenzia, intuisco che potresti essere adatto a noi? Intuisco che noi saremmo adatti a te? Quel primo parere è il primo filtro. Vale per i copy e, allo stesso modo, per ogni altra figura.

Ma attenzione: le persone non selezionate non sono persone poco valide; sono solo meno in linea con quello che ha in mente copiaincolla per il proprio futuro, giusto o sbagliato che sia.

Affinità e distanze tra questo approccio ai colloqui e l’antipolitica

Una delle frasi più superficiali sentite in questi tempi in cui va molto di moda l’antipolitica è una cosa del tipo Nessuno saprebbe essere un Ministro dell’Economia migliore di una madre di famiglia abituata a far quadrare i conti. Lasciando perdere il tema politico, anche il copy di copiaincolla che si mette a valutare altri candidati copy potrebbe essere letto allo stesso modo. Ma non è così.

L’antipolitica è già andata di moda molte altre volte in passato, per esempio in Francia duecento anni fa. Un momento ritratto così da Assassin’s Creed.

La gestione delle risorse umane è una scienza che ha i suoi esperti, i suoi teorizzatori e tutta una sua letteratura (1.073 libri su Amazon, tanto per dire). Ne siamo consapevoli e non lo vogliamo per nulla banalizzare sentendoci come quella espertissima madre di famiglia. Molto più semplicemente è uno dei tanti modi che adottiamo per sentirci parti integranti di tutto il processo della vita dell’agenzia. Molto più semplicemente crediamo che il nostro sia un lavoro in cui l’aspetto umano conta parecchio: per quanto lavoriamo fianco a fianco, per quanto le idee di uno devono sommarsi a quelle dell’altro. Serve sintonia. Serve sentirla anche a pelle, anche al primo incontro. Per il bene nostro e della persona che invia il suo cv.

Tutto questo senza pensare di sapere tutto di selezione del personale, ma di certo affrontando ogni colloquio con la massima professionalità e ricordando di come era quando c’eravamo noi dall’altra parte della scrivania. Prendendo la cosa molto seriamente, senza invece prendere troppo sul serio noi stessi: questo non è l’unico modo corretto; di certo è quello che sentiamo più nostro.

Non ho l’età, cantava Gigliola

La questione dell’età è un fattore che sarebbe ipocrita definire irrilevante. Non è un problema di vecchio o giovane, è un problema di evoluzione delle persone: sia quelle che a copiaincolla ci lavorano già, sia di quelle che a copiaincolla vengono assunte.

Gigliola.

Spesso l’idea qui è di preferire figure molto giovani. Spesso nemmeno troppo formate da molte altre esperienza di lavoro. Per due ragioni: la prima è che meno sovrastrutture si hanno in mente, più è probabile riuscire a calarsi su una realtà con dinamiche e personalità piuttosto specifiche come copiaincolla (e questa è una ragione legata all’evoluzione della persona dentro l’agenzia). La seconda ragione è più legata, invece, all’evoluzione di tutta l’agenzia attorno alla persona: la ricchezza di differenti generazioni, ognuna con il proprio preciso bagaglio d’esperienze, è vitale per poter continuare ad innaffiare i semi dei progetti di cui viviamo.

Non è possibile fare il nostro lavoro come lo si faceva anche solo un anno fa: impossibile non aggiungere forze delle più recenti generazioni alle forze delle generazioni precedenti già presenti qui.

La costruzione della responsabilità

Ma la crescita che le assunzioni giovani innescano nel motore dell’agenzia è anche un’altra. La crescita delle responsabilità.

L’arrivo di risorse da formare costringe chi già c’era a modificare i propri iter collaudati, a mettere in discussione l’assiduità. Forza chi è qui da anni ad uscire dal proprio castello di abitudini e a guardarlo dal ponte levatoio, dalla prospettiva cioè dell’ultimo arrivato.

Costringe ad imparare cose che prima non si sapevano. La gestione di altre persone, per esempio. Il coordinamento. Pensare a come trasferire le proprie esperienze senza tuttavia rischiare di soffocare l’individualità dell’altro. A trovare l’equilibrio sul filo tra il “questo è come sarebbe più utile fare” e il “non voglio condizionarti, pensa con la tua testa”.

Il fine ultimo

Il fine ultimo è trovare risorse tanto interessanti da aggiungere valore a copiaincolla e tanto intelligenti da farlo coordinando la propria identità unica ad una direzione collettiva già definita. Il fine ultimo è guardare oltre le prime impressioni della mezzora di colloquio.

Il fine ultimissimo è avere un’agenzia fatta di persone che in pausa pranzo possono ridere per Frankenstein Junior conoscendo molto bene Dua Lipa (o le pancine del Signor Distruggere). Perché servono entrambi, ve l’assicuro.

E dopo Gigliola, a questo punto beccatevi anche Dua Lipa.