La paura di scrivere
Tutti hanno paura. Anche io. Anche se la paura non mi ha mai fatto davvero paura. È sempre rimasta seduta nella mia testa: non ho mai permesso che si alzasse e iniziasse a correre per tutto il mio corpo fino a paralizzarlo. Nemmeno nei momenti più bui.
A parte in un caso: quando si trattava di scrivere. E, okay, lo ammetto, quando dovevo alzarmi dal letto e vagare al buio fino alla porta.
Non che mi sia mai bloccata fisicamente davanti ad una traccia da sviluppare durante un tema a scuola né durante una dichiarazione del mio amore su un foglio di carta con la penna in mano, però non è mai stata un’azione che mi piacesse particolarmente. L’ho sempre fatto per necessità, più che per passione. Infatti, sempre per necessità, posso diventare sarta, cuoca, parrucchiera, infermiera, estetista, giardiniera, tuttofare, traduttrice. E anche autrice di Tavolo Brain come potete notare.
Penso che scrivere non sia solo comunicare, ma che sia uno dei modi più chiari che l’essere umano abbia per spiegare i suoi pensieri in modo ordinato. O per raccontare sé stesso. O per ingannare. O per legiferare. O per chiedere alla mamma cosa cucina per cena.
Scrivere dilata il tempo a disposizione per scegliere le parole da utilizzare: per questo dovrebbe essere più facile esprimersi scrivendo piuttosto che producendo suoni. Poi, però, ci si ritrova davanti a nomi, aggettivi, verbi, avverbi, preposizioni che devono essere posizionati da sinistra a destra secondo certe regole e forme. E io purtroppo non ho mai amato queste regole alla follia, in nessuna delle lingue che conosco. Per me l’importante è sempre stato capire e farmi capire, perché nel frattempo a raccontare me stessa ci pensava la fotografia. Quella sì che per me è una passione.
Tuttavia, arriva sempre un momento nella vita in cui si deve prendere per mano la paura ed aprire le danze. In questi casi, la mia paura di scrivere sceglieva sempre la musica peggiore, mi pestava i piedi, mi faceva cadere, facendomi tornare a sedere ogni volta, lasciandomi a leggere quello che scrivevano gli altri. Finché un giorno, mentre provavo a danzare con la tastiera sotto le dita per l’ennesima volta, nonostante nessuno avesse mai apprezzato le mie danze con la scrittura, inaspettatamente un viso con la barba mi disse “Non è vero che scrivi male”.
Quello stesso viso mi spiegò nel modo più semplice del mondo che, forse, il modo giusto per cancellare la mia paura era capire se ci fosse stata in un remoto angolo del mio cervello la capacità di digitare lettere che sapessero catturare l’attenzione. E giunta nella sala da ballo di copiaincolla è stato tutto allenamento, errori, letture, insegnamenti, correzioni. E ho capito che si può imparare a fare quasi tutto nella vita. Anche a scrivere.
In conclusione, credo fermamente che tutti abbiamo doti innate, di certo la mia non è scrivere. Però per necessità, per amore del mondo della pubblicità, per la voglia di comunicare agli altri e voler fare magie, è rientrata tra le mie capacità e forse un giorno potrà trasformarsi anche in passione.
L’importante è che ora io abbia imparato a danzare con la paura di scrivere, e anche se a volte mi pesta i piedi e mi fa cadere, penso a quel viso con la barba e mi rimetto in piedi. Pronta per cominciare a scrivere la mia tesi.
P.S. Ho anche imparato ad alzarmi dal letto e raggiungere la porta al buio, da una decina d’anni ormai!