Il mezzo è il messaggio
Portogallo, Lisbona, 2020.
Seduta in un’aula dell’Universidade Católica de Lisboa, ascoltavo il mio professore di “Advanced Studies in Communication” raccontare di Marshall McLuhan e della sua iconica affermazione “The medium is the message” (“Il mezzo è il messaggio”, in italiano).
Io, brava a scuola ma mai stata fan delle grandi teorie, rimasi colpita da questa lezione. Il destino volle anche che al mio gruppo di lavoro fu assegnato un progetto di approfondimento proprio sui temi affrontati dal mitico McLuhan.
Quel momento fu fondamentale perché compresi ciò che oggi mi ha reso consapevole della realtà e della tecnologia, ovvero sapere che “Il mezzo è il messaggio”.
Come molti di voi, passo il mio tempo tra interessi personali e lavoro: questo mi porta a stare a contatto con molte persone in diversi contesti. Spesso, mi ritrovo a prestare attenzione al loro approccio alla tecnologia, in particolare allo smartphone, osservando le situazioni con gli occhi di esperta di comunicazione, nella teoria e nella pratica.
Ciò che ho scoperto osservando chi è intorno a me è curioso ma anche spaventoso. Ho visto una nonna contare i like alla foto del proprio anniversario di matrimonio, persone che “guardano” film mentre scorrono i feed dei social, uno sposo lungamente intento a controllare il proprio cellulare a tavola durante il suo ricevimento di nozze. Mi è capitato anche di vedere una ragazza di 16 anni, in mezzo al mare all’alba, su un pedalò, con gli occhi fissi sullo schermo anziché sullo spettacolo del sole che sorge, una mamma a passeggio con il proprio bebè nel passeggino che scambiava messaggi scritti e vocali ignorando il figlio per più di mezz’ora, bambini che fissano gli schermi mentre mangiano, un presentatore TV che in un attimo di apparente pausa rispondeva a un messaggio. Per non parlare di chi guarda lo smartphone in continuazione mentre gli stai parlando. La lista è davvero infinita e, purtroppo, piena di situazioni che ormai senza dubbio sono molto famigliari anche a te che mi stai leggendo.
Perché ho usato l’aggettivo spaventoso all’inizio della lista?
Perché in tutte queste situazioni c’è un evidente distacco dalla realtà dato dall’utilizzo improprio di un “medium”, lo smartphone in questo caso.
Ciò che accumuna queste condizioni tanto diverse è l’inconsapevolezza del potere che ha il mezzo tecnologico che utilizziamo su di noi “persone” e sulla società in generale.
Se Baudrillard rifletteva sull’esistenza di simulacri, ovvero di realtà percepite sempre diversamente attraverso gli stessi media che le creano e le modificano in continuazione fino ad annullarne ogni significato, McLuhan similmente filosofeggiava su come la tecnologia è determinante nei cambiamenti della società e della cultura.
Cosa, secondo me, hanno in comune le due cose?
L’allontanamento dalla realtà.
Secondo Baudrillard, è un po’ come se esistesse il pianeta realtà e diverse mappe dello stesso alle quali si ha accesso attraverso i mezzi di comunicazione. Ogni mappa è solo una rappresentazione del pianeta realtà ma non è davvero lui. Oggi ci sono così tante mappe e punti di vista fluidi che ci fanno perdere la consapevolezza di quale sia l’unica realtà vera, allontanandoci dal senso della nostra esistenza.
Già negli anni 60 del ‘900, Marshall McLuhan provava a convincerci che per comprendere meglio la tecnologia, questa non andava approcciata come un semplice strumento, ma come qualcosa di molto più impattante. Lui era fortemente convinto che il “mezzo” fosse esso stesso il “messaggio” e, che solo una volta interiorizzato questo concetto, allora sì che avremmo gestito meglio la realtà.
Il mezzo creato dall’uomo, che sia tecnologico oppure no, che sia di comunicazione oppure no, è ciò che cambia profondamente le nostre vite, diventando un estensione del nostro essere.
In antichità il fuoco era il mezzo che permetteva di estendere il nostro potere e allontanare gli animali; oggi la luce è il mezzo per estendere la durata delle nostre giornate; la televisione il mezzo per espandere la nostra visione nel mondo; il cellulare il mezzo per espandere molte cose e perfino i nostri sensi.
Il mezzo stesso non è necessariamente qualcosa di negativo, anzi, i mezzi hanno cambiato oltremodo la nostra società portandoci all’evoluzione, proprio come diceva McLuhan. Ma non è assurdo pensare che un mezzo creato dall’uomo indebolisca poi l’uomo stesso senza che lui se ne accorga?
Se fuoco, leva e ruota hanno portato l’uomo a proteggersi dagli animali feroci e non morire, a procurarsi più cibo e benessere, il cellulare, al contrario, ci porta all’indebolimento di noi stessi, se utilizzato in modo incontrollato.
Aver reso lo smartphone l’estensione di noi stessi ci ha portato a:
- vederlo come principale mezzo di comunicazione, rendendoci spesso deboli nel relazionarci faccia a faccia con qualcuno;
- vederlo come modo per farci raggiungere un luogo più velocemente, ma ha quasi sostituito il nostro senso dell’orientamento;
- vederlo come modo per scoprire il modo, ma ci ha tolto la capacità di sorprenderci e avventurarci nella scoperta delle cose;
- utilizzarlo come mezzo per affrontare la realtà, rendendo ancora più difficile la comprensione di quale sia la vita vera e delle sue emozioni.
Mezzo e messaggio nel nostro lavoro
Da esperti di comunicazione per noi in primis è fondamentale sapere che il mezzo è proprio il messaggio: sono certamente fondamentali i contenuti, ma il mezzo lo è per certi versi ancor di più.
McLuhan insisteva nel dirci che “The medium is the message” affinché capissimo che che prima di pensare al contenuto di una comunicazione, dobbiamo riflettere sul mezzo. Per questo, quotidianamente nel nostro lavoro, non ci occupiamo solo di definire i contenuti che ogni brand deve raccontare, ma definiamo prima di tutto su quale mezzo comunicare, perché è proprio il mezzo il punto di partenza della comunicazione.
In conclusione, “The medium is the message” dovrebbe essere una frase guida per gestire al meglio il nostro rapporto con gli smartphone e la tecnologia che sta occupando ogni piccolo momento della nostra vita.
La tecnologia deve restare un mezzo da implementare sulla nostra realtà, quella vera, e non invece rischiare di togliercela.