WonderCall
In principio era l’appuntamento conoscitivo. Quello fatto di persona.
In azienda, in una sala riunioni, davanti ad un caffè o un bicchiere d’acqua, scambiandosi i biglietti da visita e stringendosi la mano.
Poi, a seguito della pandemia, venne il momento della videocall conoscitiva, nei primi momenti da casa e spesso da casa anche nei momenti successivi.
Collegamenti dai posti più disparati delle abitazioni, a volte utilizzando effetti che rendevano sfuocato lo sfondo.
Poi venne il momento della personalizzazione dello sfondo. Chi con una texture grafica ispirata al logo aziendale per una parvenza formale-istituzionale, chi con ambientazioni home office con vista su città transoceaniche in cui in realtà non si trovava in quel momento.
Poi arrivarono le videocall dall’ufficio: continuava il divieto di incontrarsi fisicamente ma si provava a instaurare un rapporto work-to-work attraverso lo schermo.
Che fossero da casa o dall’ufficio le call arrivavano a rompere i classici schemi degli incontri di lavoro fatti di empatia percepita a pelle e se ne costruivano di nuovi basati su inquadrature strette dei sorrisi (quando non si fosse in luoghi con obbligo di mascherina) oppure sulla fantasia della mascherina nei casi in cui si fosse costretti a parlare come banditi. Oppure dal linguaggio degli occhi, la sola cosa che si è sempre riuscita a mostrare.
Tutti hanno gradualmente iniziato a prestare sempre più attenzione alla scenografia in background. Quarti d’ora prima della videocall persi tra accensioni luci, sistemazione pareti, spegnimento luci, ordine su scaffali, riaccensione luci, raddrizzamento di quadri, pettinatura di piante da interni. Addirittura inclinazioni e rotazioni di schermi a gradazioni sconosciute perfino alla geometria, con l’obiettivo di risultare più luminosi, più presenti o semplicemente più diritti.
[In questo anno abbondante ho visto di tutto: cucine, soggiorni, arredi della nonna e arredi di design, divani, librerie, sedie da ufficio anche se a casa e sedie da casa anche se in ufficio, foto di bambini e foto di animali, animali che passavano dietro ma a volte anche davanti agli schermi.
Ho sentito uccellini cantare. E gatti miagolare.
Ho visto imbarazzo. Ma ho visto anche coraggio.]
Ci sono stati i problemi di connessione: “Pinca Palla è uscita dalla riunione”; i problemi di audio: “Scusa ma sento molto eco e non riesco a seguire il discorso” ; i finti problemi della videocamera: “Non so perché ma non mi funziona il video, vabbè dai tanto non avete molto da vedere” (sottotitolo: “sono in pigiama e non mi vesto prima di altre due ore”).
Ci sono stati anche i problemi di condivisione dello schermo: “Vedete tutti la mia presentazione?” “NO, si vede schermata nera.” “Ok, riprovo e ora?” “NO, ancora nulla, cambiamo piattaforma?” e si proseguiva così con un balletto tra Meet, Teams, Zoom fino a quando qualcuno non si arrendeva e proponeva di tornare alla semplice telefonata di sempre.
Incontrarsi e conoscersi in quel modo ha prodotto condizioni diverse da prima. Anche positive.
Dietro lo schermo siamo più uguali tra noi. Si percepisce molta meno differenza di ruolo, tutto risulta più livellato e il confronto che puoi avere con un Junior Brand Manager non risulta così diverso da quello che puoi avere con un CEO. La barriera dello schermo porta inconsciamente a limare gli status di ciascuno, superando la formalità e rendendo tutto più diretto e pratico.
Forse sono effetti dovuti all’avere una visione sempre limitata dell’abbigliamento dell’interlocutore o dell’ambientazione che lo circonda che in questo modo non possono aumentare l’autorevolezza né aggiungere troppa importanza a chi parla. Forse sono effetti della democraticità della mascherina, un vincolo che accomuna tutti quanti rendendo più omogeneo ogni volto. Forse restare ognuno alla propria scrivania o nella propria sala riunioni non fa sentire a nessuno l’effetto di giocare fuori casa finendo per creare, di fatto, un unico campo neutro. Indubbiamente queste sono condizioni che hanno tolto alcune complessità legate alla gestione psicologica degli incontri vis-à-vis, andando a cambiare l’approccio tra consulente e cliente.
Se questa sorta di alleggerimento può essere un vantaggio, ci sono altri aspetti che invece tolgono qualità all’incontro. Penso a quel che pensate anche voi, ai molti problemi tecnici legati alla connessione, alla piattaforma, ai device utilizzati. Perdere pezzi di frasi, perdere tempo, perdere pazienza sono state cose che abbiamo vissuto tutti in questi mesi.
In presenza era più facile assorbire eventuali problemi tecnici, poteva bastare una battuta; da remoto diventa pressoché impossibile e il rischio è che aumenti così il senso di distanza fisica e non solo, finendo per minacciare la buona riuscita di una riunione e per danneggiare i risultati che si sarebbero potuti ottenere senza tutti quegli ostacoli.
Indubbiamente una realtà fatta di call che si sostituiscono alle riunioni ha permesso di eliminare le distanze geografiche. Ciò ha reso possibile l’intensificazione di appuntamenti anche con aziende che probabilmente pre-Covid, quando la vita era normale, si sarebbero considerate complicate da incontrare dato che si dava per scontato che quell’incontro conoscitivo o quella importante presentazione di un progetto fosse da organizzare di persona.
E ora la situazione qual è?
La situazione ora è la seguente:
- software che gestiscono call stabili includendo oltre 250 partecipanti in contemporanea
- sfondi che possono davvero far credere che tu sia a New York e che non ti smascherano nemmeno in caso di tuoi movimenti improvvisi
- condivisioni schermo rapidissime e super funzionali per la gestione di animazioni
- sistemi audio che volendo possono supportare anche un cantante che produce live il sound design sviluppato per quello spot
- sempre meno mascherine e sempre più sorrisi
- meno spazio per l’apparenza e più attenzione per la sostanza di quel che viene detto
- soglia dell’attenzione più alta nel guardare uno schermo
Lezioni per il futuro.
Personalmente, finita questa pandemia e ritornati ad una vita più normale, credo che conserverò la voglia di videochiamare i clienti in alternativa alla vecchia telefonata. È indubbio che, anche se per pochi minuti, guardarsi negli occhi a volte è stato molto più utile rispetto a quel che sarebbe accaduto con la sola comunicazione a voce.
Proporrò ai miei interlocutori di telefonare meno e videochiamare, soprattutto su progetti che richiedano uno scambio costante tra le parti e per cui sarebbe difficile incontrarsi con frequenza.
Ma ritorneremo mai a vederci dal vivo? A stringerci le mani? A scambiarci i biglietti da visita? Lo faremo. Sia pur, ancora molto tempo, con il pensiero al gel igienizzante.
Fino ad allora, mi raccomando, attenzione a ciò che avete dietro alle spalle, studiate bene l’inquadratura, verificate che audio e cam funzionino, non indossate il pigiama (per lo meno nella parte superiore del corpo).
Siate presentabili ma soprattutto PRESENTI.
Buone videocall a tutti.