Se la Gen Z sale al timone
Tracciare la rotta per sventare la crisi generazionale a ritmo di swipe
C’era un’epoca in cui la differenza di età in ufficio si limitava a chi preferiva il caffè al bar e chi era un fan del delivery, ma oggi si creano faide in ufficio tra chi invia e-mail con “cordiali saluti” e chi risponde sulle app di instant messaging con gif e sticker.
Il vento in poppa ce l’hanno i Gen Z che stanno per raggiungere i trent’anni di età e assumono ruoli di buyer e decision maker.
E se la Gen X bramava dettagli e un’esperienza solida, mentre per i Millennials, quelli del multitasking per definizione, bastava la trasparenza, l’autenticità e un pizzico di storytelling, con la Gen Z ci vogliono velocità supersonica, design che urla “wow” e risposte immediate.
Pensate che stia esagerando (o non sia importante)?
Allora sappiate che secondo McKinsey la Gen Z costituirà il 30% della forza lavoro entro il 2030. Le prime leve di questa generazione si avvicinano rapidamente a compiere i 30 anni di età e questo significa che stanno assumendo ruoli decisionali nelle aziende, diventano giovani manager, team leader o magari buyer e responsabili acquisti: il punto di riferimento e il primo interlocutore nei rapporti di lavoro all’interno e all’esterno delle aziende.
Volendo tracciare a grandi linee alcuni elementi per orientarci, possiamo dire che:

Generazione X (1965-1980): attualmente al vertice in molte organizzazioni, questi professionisti sono pragmatici e si affidano a metodi consolidati. Preferiscono contenuti ben strutturati, approfonditi e diretti, e danno molta importanza alla reputazione aziendale. La loro comunicazione è spesso formale e basata su rapporti personali costruiti nel tempo. Alcuni dei loro canali di comunicazione preferiti sono: e-mail, LinkedIn, blog, webinar.
Per i Millennials (1981-1996) la situazione cambia. Questa generazione è il simbolo del multitasking e della digitalizzazione. Sono cresciuti con l’evoluzione di internet e dei social media e si aspettano esperienze rapide, intuitive e autentiche. Sostenibilità, trasparenza e innovazione sono valori fondamentali per loro. Vogliono essere coinvolti emotivamente, ma sempre con un occhio alla praticità.
Tutt’altra storia invece per la Generazione Z (1997-2012), qui si parla di digital-first e mobile-only.
Questa generazione è abituata a vivere in un mondo di interazioni istantanee e si aspetta lo stesso livello di velocità e personalizzazione anche in ambito lavorativo. Vogliono contenuti brevi ma densi di significato, interfacce accattivanti e risposte immediate. La loro curiosità è sterminata, purché il contenuto catturi il loro interesse nei primi istanti. O subito o niente! I suoi canali preferiti sono: TikTok, Instagram, YouTube, messaggistica istantanea.
Canali di comunicazione e strumenti molto diversi tra loro, no? Parliamo lingue diverse noi che apparteniamo a generazioni diverse.
E a proposito del parlare lingue diverse… Si dice che gli Inuit che vivono in terre gelide abbiano un trentina di termini per indicare la parola neve. Immaginate cosa succederebbe se io volessi parlare agli Inuit della nevicata dello scorso inverno? Accadrebbero incomprensioni… Incomprensioni che derivano da un diverso modo di vedere il mondo.
Incomprensioni simili a quelle che nascono quando le generazioni si confrontano su temi legati all’istruzione, ai gusti musicali, alla comicità, o come quelli che frequentemente vengono ripresi dai media più tradizionali, ovvero che i giovani non hanno voglia di lavorare.

Ma la storia degli Inuit e del fatto che usano tante parole per indicare la parola “neve” ci insegna una importante lezione che viene trasferita a più riprese dagli esperti e cioè che la lingua influenza il modo in cui pensiamo e in cui costruiamo il nostro mondo.
E ormai sappiamo benissimo che la Generazione Z usa termini tutti suoi per comunicare:

Termini, linguaggi, modelli che necessariamente si riflettono nel modo in cui le persone interagiscono, si informano, imparano, approfondiscono e scelgono.
Qualche esempio?
Come si informano i Gen Z?
Per capire come si informano i Gen Z possiamo prendere come esempio Will Media. Will Media è un progetto editoriale che ha compiuto cinque anni e che ha come obiettivo quello di spiegare le cose difficili in modo semplice.
Permette di attingere alle notizie più importanti di economia, società, cultura, cronaca e si adatta perfettamente alle necessità di fruizione dei più giovani.
Will Media è una community di persone appassionate ai grandi cambiamenti del nostro tempo, che desiderano comprenderli e farne parte, con l’obiettivo di promuovere una politica, un’economia e una società più consapevoli e inclusive.
Sono presenti in tutte le maggiori piattaforme digitali e il loro successo è indiscusso. Utilizza un linguaggio semplice e diretto, accompagnato da grafiche accattivanti e video brevi, ideali per la fruizione rapida tipica dei giovani. Questo approccio rende temi complessi più accessibili e coinvolgenti con una presenza digitale omnicanale. Will Media presidia l’intera “customer journey” dei membri della sua community attraverso diversi pilastri: social media, podcast e videopodcast, newsletter, branded content, incontri dal vivo, produzioni editoriali originali.
Ma la cosa più importante di Will Media è che tutto il suo sistema editoriale è retto da quattro pillar esplicitamente condivisi:

La differenza con un qualunque giornale tradizionale?
Probabilmente tutto. Sia perché l’attenzione dei giornali “tradizionali” si concentra per la maggior parte su argomenti diversi. Sia perché se le notizie trattate riguardano lo stesso fatto, il taglio che viene utilizzato è molto diverso e l’enfasi della notizia pone probabilmente l’accento su qualcosa di diverso rispetto ai quei quattro macro temi.
Come si muovono i Gen Z?
Se pensiamo agli anni 2000 e 2010, il simbolo della rivoluzione nei trasporti urbani è stato Uber. Per i Millennials, Uber ha rappresentato l’alternativa perfetta ai taxi: un mezzo di trasporto comodo, prenotabile con un’app, spesso più economico e con una maggiore trasparenza nei prezzi.
Ora, però, arriva la Generazione Z e cambia tutto.
Gli under 30 preferiscono infatti mezzi pubblici, car sharing e micro mobility (cioè hoverboard, segway, monopattini e monowheel) al possesso di una macchina: quelli che vengono considerati mezzi alternativi per altre generazioni, sono i mezzi di default per la Gen Z.
Per loro Uber è già quasi “vecchio”, perché rappresenta un modello più tradizionale di trasporto: un’auto con un autista che ti porta da un punto A a un punto B. La Gen Z ha esigenze diverse: mobilità immediata, flessibilità estrema e sostenibilità ambientale. E qui entra in gioco Lime.
Uber VS Lime
Lime è un servizio di monopattini e biciclette elettriche condivise, disponibili tramite un’app. A differenza di Uber, che richiede di attendere un’auto, con Lime si può semplicemente aprire l’app, individuare un monopattino vicino e partire all’istante.
Lime ha successo perché offre un servizio immediato, accessibile e senza barriere. La Gen Z non ama attese, processi complicati o vincoli.Inoltre la Gen Z è cresciuta in un’epoca di crisi climatica e ha una forte sensibilità ecologica. Usare un monopattino elettrico significa ridurre le emissioni di CO₂ e abbattere il traffico urbano, oltre a essere un’esperienza divertente e dinamica, molto più che sedersi sul sedile posteriore di un’auto.

Inoltre, spostarsi con Lime diventa un’attività di gruppo: i ragazzi spesso lo usano con gli amici, creando un’esperienza condivisa. È un servizio estremamente flessibile e richiede poco impegno, perché Lime permette di prendere e lasciare il mezzo dove si vuole (nei limiti delle zone designate), mentre Uber impone una certa rigidità: serve una destinazione precisa e un’interazione con un autista. La Gen Z vuole libertà di movimento senza vincoli. Le tariffe di Lime sono chiare e prevedibili: si paga per il tempo di utilizzo, senza il rischio di sorprese dovute al traffico o a tariffe dinamiche, come invece può accadere con Uber.
Osservare il modo in cui la Gen Z si informa, sceglie e usufruisce i prodotti o servizi ci offre molti indizi per arrivare a conoscere meglio questa generazione.
Ok, quindi?
Provando a riassumere alcuni elementi chiave, da tenere bene in mente ogni volta che ripensiamo a un prodotto o scriviamo una strategia di comunicazione destinata (anche) a loro possiamo pensare a:
- Semplificare la comunicazione: rendere argomenti complessi accessibili a tutti, utilizzando un linguaggio chiaro e contenuti visivi accattivanti. Ad esempio video brevi, infografiche, case studies.
- Adattare il formato al pubblico e ai canali digitali: utilizzare formati diversi per diversi canali (post brevi su Instagram, video su YouTube, podcast di approfondimento). Non tutti i canali vanno bene per tutti i formati.
- Valorizzare i valori aziendali e la sostenibilità. Che una azienda sia impegnata a ridurre l’impatto ambientale o verso temi sociali e lo esprima con un progetto diffuso, condiviso, sostanziale non è più un plus, secondo la generazione Z, ma una condizione basilare. E accountability: mostrare l’impatto reale con numeri e dati chiari, video dietro le quinte che mostrano processi sostenibili veri.
- Esperienza Coinvolgente e Condivisione: Creare una community attorno al brand è un altro pilastro da tenere in considerazione.
- Flessibilità e Immediatezza: la Generazione Z non aspetta: essere rapidi rapidi rapidi. Su tutto. Le informazioni sui prodotti devono essere disponibili in pochi click, raggiungibili e chiari da capire. Anche il linguaggio va pensato in quest’ottica.

Sito e social devono mostrare chiarezza e velocità.
Attenzione ai tempi di caricamento del sito, alla lunghezza dei video e alla reperibilità dei materiali informativi
Le aziende possono lavorare per rendere prodotti e servizi facili da usare e disponibili on-demand. Ridurre burocrazia e tempi di attesa nel servizio clienti, negli ordini e nelle consegne. Integrare il concetto di uso temporaneo o noleggio.