Siate curiosi
Questa cosa che sto per dire farà ridere tutti quelli che mi conoscono, ma è necessario che la dica per introdurre un concetto molto più ampio.
Quando ero (più) giovane parlavo pochissimo.
ok ridete
Specifico: parlavo pochissimo con le persone che non conoscevo e che mi ritrovavo davanti per la prima, seconda e anche terza volta. Avevo una sorta di blocco, magari volevo dire delle cose ma mi preoccupavo sempre di risultare stupida/inopportuna/scontata oppure non mi veniva proprio in mente niente da dire e quindi semplicemente stavo zitta.
Adesso non sono più così.
Mi ha aiutato molto, a parte il “diventare grande”, l’aver passato molto tempo con chi era l’esatto opposto di me e che è capitato sfruttasse questo mio lato del carattere per rendersi più bello/simpatico/etc agli occhi degli altri (sì, con gli anni ho imparato anche a selezionare le amicizie).
A un certo punto, per non passare per quella sociopatica, ho imparato a fregarmene di quello che gli altri avrebbero potuto pensare se io avessi detto quella determinata cosa.
E quindi sono diventata così come sono adesso. Cioè che parlo con tutti, spesso e volentieri anche con oggetti inanimati, e non ho più quel blocco che avevo prima.
I miei colleghi hanno avuto la (s)fortuna di conoscermi quando ero già “guarita”, ecco perché li sento ridere anche a due stanze di distanza, con le porte chiuse.
Un altro grande dilemma della mia esistenza era il parlare davanti a delle persone.
A partire dalla ricerca di geografia sulla Spagna alle superiori, fino alla discussione della (maledetta) tesi.
Amici o completi sconosciuti non importava. Parlavo e mi mancava l’aria, anche se sapevo esattamente cosa dovevo dire.
Mi ha aiutata l’allenamento. Come sempre.
Non che ora tenga dei comizi in piazza o delle conferenze, però se mi capita la prendo un po’ più alla leggera. Sono andata in TV due anni fa, mi sono incartata? Sì. È successo qualcosa? No. Lo rifarei? Eccome! (solo l’esperienza della TV, non incartarmi intanto che dico come mi chiamo e da dove vengo).
Tutto questo preambolo per dire cosa? Che a 33 anni ho capito (e non vorrei cadere nella solita retorica, ma è così) che le nostre “paure” non devono essere un freno, ma qualcosa che ci sprona a fare qualcosa di diverso, di nuovo.
Perché non si sa mai che ci possa piacere o che semplicemente sia solo un intermezzo per passare allo step successivo. O magari, che non ci piaccia proprio per niente e decidiamo di non ripetere l’esperienza. Ma comunque adesso almeno lo sappiamo.
Per questo motivo, oggi, quando mi viene proposto di fare qualcosa di nuovo, ci penso due volte prima di tirarmi indietro. Fosse anche banalmente andare da un cliente.
Chi meglio di me conosce il mio lavoro?
Chi meglio di me sa che ragionamento c’è dietro a quel layout, a quel contenuto social? Chi meglio di me può spiegarlo a una terza persona?
E poi, là fuori è pieno di aziende bellissime (architettonicamente parlando) che vale la pena vedere anche solo come arricchimento personale.
Ecco, l’arricchimento personale. Che gran bella cosa.
E che gran bella cosa soprattutto nel mio lavoro.
Per due motivi.
Il primo è che essendo per definizione creativi (sulla mia firma elettronica c’è scritto “reparto creativo”, su quella delle mie colleghe “direttore creativo”) se ci fermiamo siamo rovinati.
In un mondo che va alla velocità della luce, in cui negli ultimi anni si è creata una concorrenza spietata e in cui sembra che siano tutti grafici/web designer/social media manager (i famosi “cugini di” vi dicono qualcosa?), non possiamo permetterci di rimanere indietro, di non essere curiosi, di non voler ampliare i nostri orizzonti.
Il bello, ed ecco il secondo motivo, è che possiamo prendere ispirazione da qualsiasi cosa che sia lontano dalla scrivania e fuori dalle 4 mura dell’ufficio in cui passiamo la maggior parte della nostra vita.
Che sia una mostra, un viaggio, un libro, un film.
A proposito di mostre, viaggi, libri e film, un paio di anni fa il nostro collega Diego ha creato Learn,it – LEzioni Alternative di Ricerca Non ITentificata – un progetto che dava a ognuno di noi l’opportunità di scegliere tra una serie di pacchetti selezionati da lui e ottenere a zero euro un biglietto del cinema per un determinato film, per andare a vedere una mostra tra quelle che aveva individuato o per acquistare una rivista dietro suo consiglio.
Non si trattava tanto di scegliere quello che ci piaceva di più, quanto di scegliere cose che non avevamo mai visto o di cui non sapevamo nulla. In cambio, noi dovevamo condividere quello che avevamo visto/sentito/letto con gli altri colleghi. Per alimentare la mente, anzi, le menti.
Perché ok il nostro arricchimento personale, ma se lo condividi, vale ancora di più.
Io avevo scelto di andare a vedere un film, che di mio non avrei mai scelto, eppure mi ricordo che mi era piaciuto molto e, soprattutto, mi era rimasta impressa una frase pronunciata dalla protagonista del film che diceva più o meno che “prima di vincere, bisogna imparare a perdere”.
Era il periodo in cui partecipavamo a tante gare, ma portavamo a casa pochi risultati e anche se cercavamo di tenere sempre alto l’umore, le “sconfitte” cominciavano a pesarci. Il solo sentir pronunciare quella frase, mi aveva fatto riflettere ed era stata la cosa che poi avevo voluto condividere con gli altri colleghi. Imparare dalle sconfitte era una cosa che sapevamo già fare, ma probabilmente non abbastanza bene. Questo intervento ci aveva riportati un po’ in carreggiata e che ci crediate o no, poi le cose erano migliorate. Grazie a quella frase? Non lo so, magari no. Però tant’è.
Di viaggi “ispirazionali” poi qui a copiaincolla siamo esperti, tra New York, Londra, Tokyo, Berlino, Mosca, Copenhagen. Sempre alla ricerca di colori, sapori, rumori, materiali nuovi da portare a casa e di cui far tesoro.
Volete mettere girare Berlino o Copenhagen in bicicletta e imprimere nella vostra mente ogni cosa che vedete per poi magari, come direbbe Gerry Scotti, riaprire il cassettino della memoria una volta tornati a casa, durante un brainstorming per un layout di un’azienda che fa arredamento?
Purtroppo però nell’ultimo periodo sento di aver sfruttato troppo poco questa opportunità di ispirazione sempre/comunque/dovunque. Per cui mi sono data come obiettivo quello di essere ancora più curiosa verso quello che c’è là fuori. Che non si sa mai che possa capitare qualcosa di (ancora più) bello.