Se mi metto a pensare agli anni 80-90 non posso non provare un pizzico di nostalgia per quelli che sono stati anni di spensieratezza, anni fatti di calci al pallone nella strada di fronte casa, con il muro del vicino usato come porta immaginaria (non era proprio il muro di casa eh, era più un vecchio stabile praticamente inutilizzato!) e mia madre che mi chiamava in casa all’ora di cena.

Anni vissuti con i guantoni da portiere che quando li mettevi ti pareva di essere meglio di Walter Zenga, l’uomo ragno; anni di pomeriggi in oratorio a sfidarsi con la palla a spicchi in un tre contro tre che manco al Rucker Park; anni passati un pomeriggio sì e uno no con il tuo miglior amico dell’epoca a sfidarti ad una forma primordiale e abominevole di tennis, giocato con racchette più o meno sgangherate e due panche a fare da rete. Anni conditi da passione genuina per gli sport, provati a livello più o meno amatoriale ma più spesso vissuti con grande, grandissimo trasporto sul divano di casa, di fronte alla TV 😉

Ed è proprio di fronte alla TV che ho avuto modo di essere spettatore privilegiato di alcuni dei più grandi telecronisti sportivi dell’epoca, personaggi che hanno fatto la storia della narrazione e che sono entrati di diritto nella mia personalissima Hall of Fame dei migliori comunicatori in ambito sportivo. Sì, perché per raccontare le gesta di un campione o le imprese di una squadra, facendo in modo di trasmetterti tutte le emozioni del momento, coinvolgendo lo spettatore come se fosse a bordo campo, fianco a fianco dei giocatori, bisogna per forza essere dei maghi della comunicazione.

E allora vi invito a seguire con me un breve percorso che passa per i campi da calcio di tutto il mondo, per poi sorvolare i prati d’erba inglesi dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, finendo dall’altra parte dell’Oceano sui parquet calpestati dai più famosi giocatori di basket professionistico americano.

Bruno Pizzul.

Per me, cresciuto tra gli anni 80 e 90, l’equazione telecronaca di calcio = Bruno Pizzul” ha assunto fin da subito le parvenze di un assioma matematico.
Pizzul è stato il calcio narrato. Punto. No doubts, come direbbero gli anglofoni. In particolar modo, è impossibile dimenticare le tante partite giocate dalla Nazionale Italiana di calcio, raccontate in maniera magistrale dal giornalista sportivo di Udine. La voce inconfondibile, la conoscenza maniacale del calcio, la flemma e i modi di un signore per bene: era impossibile non riconoscerlo, era impossibile non restare affascinati dalla compostezza di un uomo che in fin dei conti era anche tifoso. Ricordo, al massimo, un tono di voce leggermente sopra la media, per accompagnare le azioni e i gol più importanti della Nazionale, come il meraviglioso gol di Baggio in Italia – Cecoslovacchia (eh sì, ancora dovevano dividersi Repubblica Ceca e Slovacchia) ai mondiali di Italia 90.

Citazione d’onore: Sandro Ciotti.

The Voice. Radiocronista d’eccellenza, la sua voce è il calcio raccontato per radio, è gli anni 80 delle radioline sintonizzate la domenica pomeriggio su Tutto il calcio minuto per minuto. Inimitabile, non ne passerà un altro come lui. Non ve lo ricordate? Sentite qui.

Rino Tommasi e Gianni Clerici.

IL tennis. Cultori per eccellenza di uno sport che probabilmente in Italia non ha lo spazio che meriterebbe, hanno rappresentato una coppia straordinaria in grado di raccontare il tennis in una maniera a cui era impossibile restare indifferenti. Comunicazione fatta di riferimenti precisi, aneddoti interessanti e divertenti, gag tra i due commentatori durante le dirette; è soprattutto Wimbledon il palcoscenico più amato da Rino e Gianni (e, di conseguenza, dal sottoscritto).

Ricordo ancora i pomeriggi afosi di inizio estate, il logo Tele+ che compariva nell’angolo del televisore (Sky chi?). E poi loro, la coppia di amici nella vita che si riuniva a raccontare una partita di tennis come se la possono raccontare veramente due amici al bar, ma con una competenza, una conoscenza e un garbo non comune, non da tutti.

Esperto di pugilato e tennis, il giornalista Rino Tommasi è l’enciclopedia del tennis. Per lui le statistiche sono pane quotidiano, le sbriciola con una naturalezza che sembra quasi divertirsi nel farle conoscere al pubblico.
Dall’altra parte l’amico Gianni Clerici ex tennista e giornalista sportivo – colui che si definisce columnist, libero di riportare ciò che più lo aggrada in merito ad un incontro di tennis. E così fa. I risultati sono eccellenti: ore davanti alla TV a sentire i loro racconti, quasi a bocca aperta e comunque assolutamente ammaliato di fronte alla spontaneità e naturalezza dei due, al punto che l’incontro di tennis passa quasi in secondo piano. Chapeau – anzi, circoletto rosso, per dirla alla Rino Tommasi – ai due signori del tennis, oggi più vicini ai 90 (di età) che agli 80.

E poi, come dimenticare la loro mitica e personalissima “sigla” di introduzione alle partite?

Sublimi.

Flavio Tranquillo e Federico Buffa.

Signore e signori, standing ovation. Per me, la miglior coppia di comunicatori (commentatori è riduttivo, troppo riduttivo) che lo sport abbia mai visto passare sul globo terrestre.

Siamo nel basket professionistico americano, la NBA. Siamo a metà degli anni 90 e, sempre sull’allora Tele+, a raccontare le partite del campionato americano per noi italiani c’è la coppia Tranquillo-Buffa. Fin da subito è amore al primo ascolto. La coppia di giornalisti si completa perfettamente: Flavio Tranquillo (che durante le telecronache tanto tranquillo non è) con la sua enfasi, le sue espressioni, il suo farti sentire parte dell’azione; Federico Buffa, un’enciclopedia vivente di aneddoti e storie collegate al mondo del basket, collegiale e professionistico (e non solo). Il suo modo di raccontare le curiosità legate al mondo della palla a spicchi lascia letteralmente a bocca aperta chi lo ascolta. Buffa è a tutti gli effetti la trasposizione in chiave moderna del menestrello di epoca medievale.

Il fatto sportivo diventa quasi di contorno, talmente è piacevole ascoltare i due giornalisti raccontare sì la partita, ma soprattutto i tanti aneddoti ad essa collegati. Sentire per credere.

Mi piace citare alcuni modi di dire coniati da Flavio Tranquillo durante le sue telecronache. Ce ne sarebbero tanti, riporto forse i più famosi:

  • “Altro giro, altro tiro, altro regalo!”
  • “Game, set and match!!!”
  • “Segna, subisce il fallo, andrà in lunetta col tiro libero… supplementare!”
  • “Tiro forzato anzi che no…. e segnato anzi che no!”
  • “Si oscura la vallata!”

Federico Buffa è anche autore di libri che consiglio caldamente di leggere a chi è un minimo appassionato di sport: Black Jesus, Black Jesus 2, Storie mondiali. Quest’ultimo racconta storie inedite di dieci edizioni dei mondiali di calcio. E lo fa con lo stile unico di comunicatore dell’avvocato. Un must da non perdere.

Tre mondi diversi, tre modi diversi di comunicare, di raccontare lo sport, tutti e tre accomunati da una forte passione per quanto viene narrato. Ecco, forse sta proprio qui il segreto di arrivare dritti al cuore di chi sta dall’altra parte del piccolo schermo. Saper raccontare un evento, una storia, trasmettendo quell’energia e quella passione che spingono un giornalista ad andare oltre il proprio compitino, lasciando un’impronta di unicità e inimitabilità che lo rendono diverso da chiunque altro, diverso dal telecronista anonimo.

E ad oggi, sinceramente, devo ancora trovare qualcun altro in grado di avvicinarsi minimamente ai re della comunicazione citati in questo articolo. Ne passeranno mai altri?