Chapeau a Banksy, ecco perché
Non sono un’esperta d’arte, tantomeno una critica di opere.
Ma conosco abbastanza il periodo pop per pura passione personale e posso dire che capisco la difficoltà nell’essere interpretata come corrente artistica, specialmente da chi si affaccia a questa realtà solamente come pubblico esterno.
Certo, comprendo chi da profano dice che chiunque sarebbe capace di fare degli schizzi di colore su una tela, che chiunque sarebbe capace di colorare “alla bell’e meglio” una fotografia in bianco e nero e che chiunque sarebbe capace di ricreare graffiti su un muro con degli stencil.
Ma la teoria della pop-art portata avanti dagli esponenti ha sempre tenuto alta la bandiera della banalizzazione della società, di una massa consumistica sempre di corsa, soggetta continuamente a immagini stereotipate e a informazioni visive che portano a un’idea collettiva di cosa sia la normalità e il conformismo.
Un’evoluzione della stessa pop art è la street art, e, attuale come non mai, Banksy è probabilmente l’unico esponente artistico che si può definire instant artist.
Mille misteri su di lui – e questa, probabilmente, è anche la sua forza – ma forse quello che conta di più sono i messaggi che lui porta e che riporta.
Sempre sul pezzo, è capace di banalizzare la realtà con immagini che compaiono dal nulla in luoghi inaspettati, ma talmente comuni che ci si chiede come sia possibile.
Opere memorabili, satiriche, con una vena emotiva che costringe le persone a pensare e a capire, anche pur non volendo, il messaggio che sta inviando.
Balzato alle cronache qualche tempo fa per un’azione che ha fatto molto discutere: l’autodistruzione della sua opera battuta 1,18 mln di dollari durante l’asta da Sotheby’s.
In realtà lui non ha fatto nient’altro che rispettare la filosofia dell’arte popolare: l’arte dovrebbe essere per tutti e di tutti, non solamente per alcuni ambienti culturali, per capitalisti e per collezionisti.
Che questa performance con l’opera sia essa stessa l’opera d’arte?
Mi piace pensare così.
Chapeau a Banksy.
(credits: Banksy.com)