Giocare.

All’inizio lo facciamo per prendere coscienza di noi stessi e del mondo, poi diventa una modalità per interagire, un mezzo insostituibile per sviluppare la nostra personalità e le nostre capacità. Impariamo a risolvere problemi e conflitti, affrontiamo disagio ed ansia, diamo risposte alle nostre domande e ci facciamo un’idea della realtà che ci circonda.

Le attività ludiche sono considerate imprescindibili per bambini e ragazzi, tanto che in ogni ordine di scuola da tempo si preservano spazi e tempi a questo scopo.

Fare team building aziendaleTanti studi insistono a sottolineare l’importanza di protrarre questi momenti anche durante l’età adulta: giocare “da grandi” continuerebbe ad avere effetti straordinariamente benefici sulla creatività, sulle capacità di concentrazione e di problem-solving, migliorerebbe la gestione dei rapporti interpersonali – oltre al nostro umore!

Insomma, per stare meglio e funzionare meglio dovremmo continuare a dedicarci ai giochi.

 

La vita è più divertente se si gioca

Roald Dahl

Facile a dirsi, più difficile a farsi, incastrati come siamo nella routine quotidiana.

C’è chi riesce a ritagliarsi un po’ di tempo per la lettura, chi si dedica allo sport, chi cerca rifugio dallo stress in altre attività spesso altrettanto impegnative.
Qualcuno – forse uno più bravo ad auto-conservarsi – riesce a mantenere sveglio il “bimbo interiore” rimanendo legato a passatempi più giocosi di altri: i videogame, gli scacchi, i giochi di ruolo.

Come facciamo team building aziendale in agenzia

Più in generale, sono momenti relegati agli scampoli di tempo libero, circoscritti nel tempo e nello spazio, ben identificati da una cornice di modelli e codici comportamentali: il giovedì sera mi trovo a giocare a calcetto con gli amici in polisportiva, la domenica pomeriggio la passo sul divano a giocare alla Playstation, Dungeons & Dragons il mercoledì alle sei e mezza (e portate le birre!).

Cosa succede però se andiamo a portare il gioco in contesti in cui normalmente non lo troviamo?

Ce lo siamo chiesti anche noi, anzi no.

Lo abbiamo fatto e basta.

 

All’inizio della scorsa estate abbiamo iniziato a sentire l’esigenza di un nuovo tempo, in agenzia.

Un tempo dedicato al confronto per metterci alla prova su questioni altre rispetto a quelle che affrontiamo nel quotidiano. Un tempo per ridere e scherzare, ma anche competere e vincere, un tempo per staccare la spina e ricaricarci.

E così è nato #copiaincontest, una serie di sfide in cui ci siamo trovati ad indovinare i gusti cinematografici dei nostri colleghi, abbiamo contato caramelle dentro ad un vaso e disegnato a mano libera improbabili capolavori.

Il tutto si è concluso con una vera premiazione, con premi veri e una classifica vera, durante il consueto evento di Natale.

La stagione pilota è andata bene e da poco abbiamo riaperto le danze con una nuova serie di sfide, qui in agenzia.

Team building aziendale a copiaincollaNon era poi così scontato, per noi organizzatori, che la proposta di giocare insieme avesse successo: per quanto cerchiamo di rimanere fuori dagli schemi, copiaincolla è comunque un luogo di lavoro, dove una trentina di persone tutte diverse tra loro si trovano a collaborare assieme per otto ore ogni giorno, cercando risposte e risolvendo problemi.

A proposito di cornici comportamentali, diciamo che non è proprio quella più immediatamente identificabile con il “sistema gioco”. Ma la voglia di divertirsi è stata più forte di qualsiasi sovrastruttura. Avevamo degli obiettivi? Implicitamente forse sì, ma mi piace vederle di più come una serie di conseguenze.

Volevamo divertirci, staccare gli occhi dallo schermo, farci una risata.

Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco, che in un anno di conversazione

Platone

Abbiamo finito per conoscerci tutti un po’ meglio, osservarci un po’ più da vicino e riporre lo stesso impegno che di solito mettiamo nei nostri progetti in quella che era a tutti gli effetti un’attività ludica.

Perché giocare in fondo è solo un altro modo per conoscere e ampliare gli orizzonti. E chi più di noi è affamato di nuovi stimoli?