Rihanna, Lupita e Tubby

Miu Miu è un marchio di moda piuttosto esclusivo. Il nome è liberamente ispirato alla sua ideatrice, la stilista Miuccia Prada e questo potrebbe già essere un buon attacco per un articolo sul naming. E invece no. Qui si parla di sceneggiature. E di quella volta che Rihanna e Lupita Nyong’o sono state ritratte in quella foto mentre assistevano ad una sfilata, ormai nel lontano 2014. Una sfilata guarda caso di Miu Miu.

Occhiali neri, giacca di pelle e collo di pelliccia, la prima. Montatura pesante, maglioncino e camicetta, l’altra. Impossibile passare inosservate, per qualcuno addirittura due personaggi meritevoli di comparire sui libri di storia. Per qualcun altro come Tubby Kola due personaggi di una storia da scrivere.

L’abc della sceneggiatura

Per apprezzare fino in fondo quello che è accaduto dopo il tweet di Tubby Kola, meglio fare un ripasso veloce veloce e ricordare che prima di girarli, i film si scrivono.

Si parte sempre da un soggetto – l’idea sintetica che sta dietro la storia (un ragazzo povero e una ragazza ricca si imbarcano sul Titanic, si conoscono per caso, si innamorano, lei per lui rifiuta la corte di un ragazzo ricco, la nave affonda, lei si salva e lui no) – che a sua volta viene maggiormente sviluppato da un trattamento – in cui emergono sfumature dei personaggi e snodi narrativi – e che solo allora può diventare sceneggiatura. La sceneggiatura è tutto ma proprio tutto il film scritto. Scena per scena, battuta per battuta, ambientazione per ambientazione.

La cosa bella qui, sono due cose belle

La cosa bella di questa storia della foto con Rihanna e Lupita Nyong’o sono due cose belle. Che ha reso pubblico e istantaneo il processo creativo dietro alla creazione di un film; che dimostra come stare tutti in connessione con tutti possa dar vita ad un brainstorming globale. Esattamente come il fiocco di neve che rotolando e rotolando diventa un masso bianco, anche uno spunto insignificante può innescare progetti creativi che assorbono investimenti milionari.

“I’m down if you are”

Tubby Kola ci ha visto due personaggi. Lupita, da attrice, ci ha visto una storia attorno a quei due personaggi. Rihanna, da donna da palcoscenico, ci ha visto l’occasione per prendere parte ad uno spettacolo nuovo. L’idea del film è nata così, da un tweet.

In quel I’m down if you are c’è tutta la realtà contemporanea iperconnessa. Un’istantanea perfetta di come non esistano barriere. Tutti possono parlarsi, sempre. Tutti possono accettare sfide, supportare qualche progetto, osteggiarne altri. Sopra le nostre teste c’è un grande unico cervello sospeso come una di quelle gigantesche astronavi che in Indipendence Day coprivano il cielo. Ognuno di noi è un neurone in relazione con altri. Sinapsi che nascono tra tutti i nostri profili social.

Poi è stata la volta di Ava DuVernay, la regista che ha colto il valore della potenziale cassa di risonanza di quei personaggi dentro quella storia.

Stando connessi possiamo vedere un film dove non c’è. Possiamo replicare su scala globale il meccanismo di un brainstorming tipico da agenzia creativa (quelli per esempio attorno ad un tavolo brain). Tutto nelle nostre potentissime mani.

Ok, ora sapete dirmi che differenza c’è tra una sceneggiatura per il cinema e una per la pubblicità?

Nessuna.

Il processo creativo è identico. Film e spot pubblicitari vengono entrambi prima scritti e poi girati. Per noi il soggetto si chiama brief, il trattamento si chiama concept, il botteghino si chiama visualizzazioni. Ma non sono per nulla differenze sostanziali. Ciak, attori, set ed emozioni da inseguire sono identiche.

Ecco perché questa storia racconta qualcosa anche di noi e di come creiamo i nostri spot.