Ma si scrive aeroplano o areoplano? Ma si dice il carcere o la carcere?! Quando si usa centro e quando si usa c’entro? Vi è mai capitato di digitare su Google una cosa del genere? A me sì e parecchie volte, considerando che passo più tempo con la tastiera che con mia mamma. Come dice il buon Giacomo Poretti “l’italiano è importante” e purtroppo gli errori che ci sfuggono, solitamente, sono i più comuni.

Così, per via della mia fama da grammarnazi, mi ritrovo a interrogare il signor Google – e quei mattacchioni dell’Accademia della Crusca – per controllare la correttezza di un termine. E mi rendo conto di farlo molto molto spesso con parole che pronuncio molto molto spesso, ma che non scrivo mai. In ogni caso, da quando lo faccio, faccio anche molte scoperte.

A livello grammaticale scopro irregolarità di cui ero all’oscuro, modi di dire con origini degne di un best seller – sapete perché si dice “tagliare la testa al toro”? – etimologie che collegano popoli, storie, lingue. Scopro sempre più regole che regole non sono, ma che sono semplicemente convenzioni sociali che ci danno il potere più assoluto al mondo: la comunicazione. Perché se queste regole non ci fossero non riusciremmo a trasmettere informazioni.

Poi mi incazzo, perché scopro che in italiano la “s” va a capo senza nessuna giustificazione e che si tratta di una regola totalmente priva di senso logico, fonetico e comunicativo e allora mi dico “ma scusa cosa me ne frega se la “s” va a capo o no, se il messaggio che voglio far passare arriva?”. Scopro che se un gruppo di parole ha una regola comune, ci sarà sempre un’eccezione e che, sebbene si possano conoscere tutte le regole grammaticali, ci saranno sempre parole e lingue per cui quelle regole non valgono.

E così faccio un’altra scoperta, ovvero che il mondo, per quante regole possa avere, sarà sempre pieno di colpi di scena.