Giornate di merda, gente mitica e qualche dato sensibile

 

Avete presente quei discorsi profondi che si iniziano a fare a una certa ora di un sabato sera particolarmente noioso? Di quelli passati tra amici al bar, che partono chiacchierando su una probabile retrocessione del Crotone e finiscono argomentando la fenomenologia delle ciliegie sotto spirito? Ecco, a volte – badate bene ho detto a volte, non spesso – capita che anche da uno di quei discorsi emergano filosofie interessanti e spunti di riflessione notevoli.

Una sera, qui, è emersa quella che ho denominato la meteoria, da non confondere con quell’altra cosa che quasi sicuramente vi è venuta in mente.

La “meteoria” è quel fenomeno che porta un soggetto A ad argomentare con un soggetto B uno stesso oggetto C: il Clima.

Perché quando non sappiamo cosa dirci parliamo del clima? E non intendo di cambiamenti climatici, scioglimenti dei ghiacciai e altri fenomeni atmosferici rilevanti per l’intero globo. Intendo il classico dialogo di circostanza che faremmo per ammazzare il tempo col nostro compagno di otturazioni in sala d’attesa.

Per carità, non che il meteo sia un argomento poco interessante, però almeno tra amici stretti potremmo evitare la circostanza. Ad esempio parlando di noi.
Non vi fa sorridere che una conversazione che facciamo con un perfetto sconosciuto spesso sia così simile ai discorsi che affrontiamo con le persone a noi più care? Un bel campanello d’allarme che la dice lunga su quanto siamo bravi a corazzare noi stessi e a tagliare gli altri fuori dalla nostra caverna.

A chi regaliamo il nostro Life Content

Sono dell’idea che l’improvvisazione ci piaccia poco e che il racconto della nostra vita quotidiana si stia spostando dal discorso orale a quello scritto.

Sono anche dell’idea che ci stiamo disabituando ad affrontare un dialogo faccia a faccia e che non ci sforziamo granché nell’esercizio, se continuiamo i nostri botta e risposta a tema meteo.

– “Che giornata di merda!”
– “E poi piove sempre di sabato!”
– “Eeeeh ma arriverà l’estate!”

Un discorso scritto che veicoliamo in particolare sui social, adesso che abbiamo l’opportunità di mostrare attraverso parole e immagini il nostro pensiero. Sui social, dichiariamo a molti più amici molte più cose di quante ne racconteremmo dal vivo alla nostra cerchia stretta. Lì, chiacchieriamo con i social media manager di un brand su tematiche quasi mai pertinenti con il marchio stesso e quasi sempre personali – e spesso pretendiamo una risposta come se sapessero i nostri bisogni, i nostri pensieri, come se ci conoscessero appieno. Lì, regaliamo i contenuti del nostro quotidiano e il nostro tempo a un sacco di persone che spesso non sono più che conoscenti, spaziando dalla gomma bucata alla nostra ideologia politica fino a dati altamente sensibili, in tutti i sensi.

Perché nonostante ci siano innegabili differenze tra un faccia a faccia ed un post social, si tratta in entrambi i casi del tentativo di instaurare un dialogo, di suscitare un interesse, una presa di posizione, di richiedere un giudizio.

Lo faceva anche Platone. Il suo modo di costruire un testo scritto, attraverso la forma comunicativa del dialogo, serviva proprio per stimolare il lettore a prendere l’iniziativa su quella particolare tematica, a mettersi in discussione, a dire la sua.

Cercare di instaurare un dialogo funziona nella vita come nella pubblicità. In agenzia lo facciamo quando la nostra finalità è l’interazione con l’utente, quando creiamo un post che quelli bravi definirebbero “ingaggiante”. Ecco, se in questo articolo istituivo Sant’Antonio Abate ad antesignano della viralità, stavolta posso dire con abbastanza certezza che a mio avviso i dialoghi platonici scatenavano – e scatenano anche oggi – il meccanismo che sempre quelli bravi chiamano engagement. Per dirla alla Homer Simpson, mitico!

Ma, tra di noi, non abbiamo altro da dirci quando ci incontriamo fuori dai social?

Si parla di tempo per non parlare dei nostri sentimenti, si parla di tempo quando un silenzio improvviso piomba in uno spazio comune. Mi ricorda quelle canzonette scritte un po’ così, per accompagnare una musica altrettanto così. Quelle mezze vie tra una bella canzone con un bel testo e una bella canzone strumentale.

Una bella canzone con un bel testo

Due belle canzoni senza alcun testo

 

Comunicare con chi conosciamo, raccontarci, sfogarci, dialogare davvero è diventato quasi un tabù. Uh, che noia.