Starete pensando “nooo, un altro articolo che parla di quarantena!” e non posso darvi torto. Ogni giorno non si parla d’altro, perciò adesso vi cuccate anche questo articolo che parla di come ho affrontato il periodo di reclusione. 🙂

Chi mi conosce sa che odio le telefonate tra amici, in special modo le videochiamate. Non ho un motivo ben preciso per odiare le telefonate, le trovo semplicemente inutili. Preferisco di gran lunga uscire al bar a fare quattro chiacchiere face2face.

Ma d’altra parte, odio molto di più l’assenza di contatto con gli amici, perciò la nuova condizione a cui siamo stati sottoposti rischiava di essere una grossa sfida da superare “da soli”. Fortunatamente siamo nel 2020 e la tecnologia viene in aiuto anche agli “anti-chiamata” come me.

img via Freepik

I videogiochi multiplayer

Ve ne ha già parlato Sebastiano nel suo articolo. Per i meno affini, sono videogiochi che permettono di giocare con altre persone attraverso una connessione a internet.

Ho passato le serate in compagnia di quelle persone che normalmente avrei incontrato in giro (o a lavoro) giocando a Fortnite, uno dei titoli che vanno molto in questo momento – e ormai da qualche anno, che nel mondo dei videogiochi è un’eternità.

Il gioco è uno sparatutto con varie modalità: la più classica consiste nel formare una squadra solitamente composta dai propri amici (ma volendo anche da persone che non si conoscono) e, per l’appunto, sparare a tutto.

Mediante il microfono, con l’audio condiviso i giocatori possono comunicare tra loro ed elaborare una strategia di gioco. Ma i momenti “morti” non mancano, perciò molto spesso si finisce così a parlare del più e del meno, proprio come se si stesse sorseggiando un drink al bar (e magari qualcuno di noi lo stava anche sorseggiando davanti al pc o alla console).

Sia chiaro, uscire e incontrarsi con gli amici è insostituibile, ma in casi estremi ritrovarsi a giocare insieme è un’alternativa creativa a una chiamata. Senza contare che non ci si deve preoccupare di essere presentabili, a quello ci pensa il proprio personaggio virtuale 😉

Purtroppo si tende molto spesso a demonizzare i videogiochi. Negli anni passati, ho sentito i miei genitori dirmi che mi stavo rimbecillendo davanti al pc un’infinità di volte.

La verità è che, nella giusta dose, possono essere un ottimo passatempo e, per i più bravi, anche una fonte economica piuttosto redditizia. Basta leggere qualche notizia del settore per scoprire che ci sono gamers giovanissimi che guadagnano milioni solamente giocando. Senza contare agli introiti derivati dal testing o dal proprio canale Youtube.

Purtroppo non faccio parte di quel gruppo!!!

Se si gioca con persone provenienti da tutto il mondo si mantiene in allenamento anche l’utilizzo di una seconda lingua come l’inglese, che molto spesso per lunghi periodi ci troviamo a usare per lo più soltanto scrivendo, quando ci lamentiamo di un prodotto Amazon.

Certo, già per me è difficile stare al passo con lo slang delle nuove generazioni. Però è molto buffo trovarsi in una partita con un italiano, un americano, un tedesco e un olandese (sembra la trama di Into The Night di Netflix, che vi consiglio) tutti perfettamente sconosciuti e cercare ugualmente il modo di sincronizzarsi.

Pic by Lucie Liz via Pexels

Durante la quarantena abbiamo avuto molto tempo da dedicare ad attività personali. C’è chi ha preferito leggere, studiare una cosa nuova o esercitarsi in qualcos’altro.

Non credo che aver eroso un po’ di tempo a queste attività per dedicarlo al gioco sia stata una perdita, soprattutto in un momento in cui il bisogno di avere rapporti con gli altri era una necessità molto forte.