Il clickbait è un sistema intellettualmente disonesto.

Wikipedia dice che Generalmente il clickbait si avvale di titoli accattivanti e sensazionalisti che incitano l’utente a cliccare, facendo leva sull’aspetto emozionale di chi vi accede. Molti siti lo praticano producendo così pseudo-informazione narrando fatti in maniera strumentale e distorcendo la realtà. L’obiettivo è aumentare i click sulle pagine, facendo così crescere i proventi pubblicitari.

Il clickbait è una pratica inventata da umani per imbrogliare altri umani facendo loro credere cose non vere. Lo scopo? Fare soldi. Voi ne siete appena stati vittima. Ma non per soldi.

Non ho nemmeno una linea di febbre, sto bene. Lavoro da casa. Ho posizionato una scrivania nella cameretta dei miei bimbi. La apro attorno alle 8.45 e la richiudo dopo le 18.

Il titolo ingannevole voleva farvi arrivare a pensare “ma guarda tu se questo, in un momento così, per farci aprire il suo articolo si mette a fare un titolo bugiardo come quello”. Bravi. La chiave è proprio in un momento come questo. In un momento come questo vengono messe a nudo tutte le cose inutili e le storture che siamo capaci di creare e per cui magari ci siamo anche esaltati o arrabbiati. In un momento come questo non abbiamo tempo da perdere.

Imbrogliarvi con il clickbait mi serviva a dimostrarvi quante sovrastrutture non necessarie, se non negative, noi umani creiamo ogni giorno. Il clickbait è un esempio. Per non parlare di cose ben più gravi come esperimenti nucleari, traffico d’armi, spaccio di droga, di organi. Ci sono un sacco di cose per cui un marziano appena atterrato potrebbe chiederci spiegazioni: “Quindi voi create da soli le cose che vi uccidono? Ma siete scemi?”.

Nessun buonismo hippie. Solo la realtà di queste settimane.

Che tu sia alto e biondo o basso e sfigato, che tu viva in un sobborgo di Bogotà o nell’Upper East Side di Manhattan, che tu sia cinese tedesco argentino angolano indiano, che tu sia ricco o povero, informato o analfabeta, simpatico o antipatico, non fa differenza. Sei un umano. Quindi sei minacciato. Sei sotto attacco.

New York deserta. Foto da ansa.it

Siamo abituati a vederci soffrire a minoranze. Un terremoto colpisce una regione, uno tsunami colpisce una costa, una crisi finanziaria colpisce alcuni stati, un terrorista colpisce i passanti di una città. Attorno a quel dramma c’è sempre una stragrande maggioranza di persone che non lo vivono. Che da quel dramma non sono minimamente toccate. Ci sono sempre differenze: da una parte i pochi colpiti dalla tragedia, dall’altra tutti gli altri che possono continuare a fare la propria vita volendo anche fregandosene. Ora no.

Questa emergenza è molto democratica. Sta falciando polmoni e vite ovunque. Per la prima volta si ha la sensazione di una razza umana unita davvero da un unico destino. Per la prima volta ci stiamo cagando sotto tutti allo stesso identico modo. Per la prima volta davvero tutto quanto passa in secondo piano.

Non siamo indispensabili al mondo. Anzi.

Le polveri sottili si sono abbassate vertiginosamente e in alcuni parchi sono tornati gli animali selvatici. Ci siamo ritirati nelle nostre case e la realtà, le cose più grandi e più durature di noi, sono indifferenti alla nostra assenza. Spesso ritrovano la loro reale natura.

Sembra di avere la possibilità di guardarci da fuori, con gli occhi del marziano. Tutto si ferma. Tutto diventa meno importante.

I nonni mancheranno

Dare la giusta importanza alle cose, guardare tutto con disincanto, sono elementi chiave della saggezza. E la saggezza fa pensare alla maturità, la maturità alla vecchiaia, la vecchiaia ai nonni.

In queste settimane sono morti molti anziani e non è da sottovalutare la conseguenza sociale ed affettiva del vuoto che quella generazione va a lasciare in alcune zone di Italia. I nonni spesso sono vitali nell’organizzazione del tempo delle famiglie con bambini. I nonni sono la memoria.

Della mia nonna ho già parlato un’altra volta per copiaincolla. L’avevo infilata in un articolo sul curling. Ha vissuto una quindicina d’anni in Canada tra la fine dei 70 e l’inizio dei 90, e aveva anche fatto parte della squadra amatoriale di curling formata da donne immigrate dall’Europa. Lei non sarebbe mai voluta partire per il Manitoba ma l’ha fatto per seguire il volere del marito. Una donna di una generazione in cui, moglie e madre, dovevi metterti al servizio di tutti gli altri e se restava tempo potevi pensare a cosa andava di fare a te. Una condizione che non ha mai nemmeno sofferto, che ha invece vissuto come missione. Un dovere culturale. Era così e basta.

Anche mia nonna sta bene. A giugno farà 88 anni. Lei mi ha sempre detto tante cose, e tra tutte anche questa: “Quando muoio fai in modo che nessuno porti dei fiori. Fai mettere una cassetta per le offerte e poi dai i soldi alla ricerca. La ricerca è la cosa più importante”. La ricerca, non il clickbait.

Ecco. La saggezza.