Sono ormai passati 13 anni da quando mi sono seduta per la prima volta alla mia scrivania in copiaincolla. Da quando avevo 23 anni ed ero una ragazzina appena uscita dallo IED (Istituto Europeo di Design) ho visto passare di qua persone, clienti, aziende, animali, bambini, (razzi!), etc.

Mi sono abituata alla quotidianità delle giornate, mi sto abituando a vedere il susseguirsi di persone – c’è chi viene e chi va, è una cosa fisiologica ma per un gruppo come noi piuttosto rara (soprattutto i “chi va”), ho convinto tutti che non conviene passare proprio a me la realizzazione di un logo, viceversa mi offro sempre volontaria quando entra un task di progettazione di un sito web.

Insomma, mi sono ritagliata “il mio posticino”. E ne vado molto fiera tra l’altro.

Se c’è una cosa però a cui non mi sono ancora abituata, e in quanto Art Director credo non mi abituerò mai, è quando una creatività FI-GHIS-SI-MA (prodotta da me o da un collega) viene scartata a favore di una proposta che in gergo tecnico definirei “più fiappa”.

Proposta fiappa [pro-po-sta fiap-pa]

n.f. – una proposta priva di wow – banale.

In 13 anni di onorata carriera ne ho viste di proposte fiappe vincere su proposte WOW o di gare perse per un approccio più safe dell’azienda (la stessa che in fase di briefing aveva richiesto le sopracitate proposte WOW!).

E ogni volta un piccolo colpo al cuore.

Badate bene, non sto dicendo che chi sceglie una cosa piuttosto di un’altra non capisca niente. Abbiamo una marea di casi in cui il cliente ci ha scelti proprio per quella proposta che spaccava ed eravamo tutti felici e contenti. Ma non ne parleremo in questo articolo.

Un nostro esempio di proposta WOW. Perché ok parlare di quello che poteva essere ma poi non è stato, ma ci sono casi che meritano una menzione speciale.

Quante volte è capitato che chiedessero proposte innovative, strategie out-of-the-box e poi una modifica qua, un’altra piccola modifica là, aggiungi questo, togli quello et voilà, ecco una proposta “normale”. Ben realizzata, ma normale.

Ci sono un milione di motivi per cui una proposta viene modificata rispetto alla sua forma iniziale. Spesso ci richiedono strategie di comunicazione integrata che ci permetto di spaziare, ragionare e creare in grande per poi scoprire che in corsa ci sono tagli al budget e quindi bisogna ridimensionare tutto.

Oppure ci sono cambi di squadra interni all’azienda cliente che portano a doversi confrontare con figure diverse da quelle con cui ci siamo confrontati in fase di brief e che a volte hanno strategie diverse. Questo potrebbe sembrare un problema, ma non per noi.

L’elenco sarebbe lungo, ma sfido chiunque abbia a che fare con questo tipo di lavoro a non riconoscersi in almeno una di queste cose che ho scritto.

Non mi sono mai abituata, dicevo. L’esperienza mi ha però insegnato ad affrontare la situazione in modo meno “emotivo” e portando comunque a casa il miglior risultato possibile. Questa cosa ho cercato (e tutt’ora lo faccio) di trasmetterla anche a chi è arrivato dopo di me, che magari non ha ancora le spalle del tutto pronte ad affrontare queste situazioni.

Quindi ok un “ma daiiii” urlato internamente, 5 minuti di follia e poi via, si ritorna sul pezzo, più carichi di prima e si va avanti.

La nostra abilità sta anche nel modificare la creatività, soddisfacendo il cliente in primis ma anche cercando di non snaturare noi stessi e il concept, mantenendo un livello da professionisti.

Si parla proprio di dettagli, di un’asticella sempre e comunque molto alta.

Ma il nostro lavoro è fatto anche di questo, oltre che grandi soddisfazioni a volte ci capita di doverci confrontare con piccole “delusioni”.

Spesso il livello di delusione è proporzionale all’impegno che abbiamo messo in un determinato lavoro. Che non vuol dire che altre volte ci impegniamo poco, ma che ci sono progetti che inevitabilmente richiedono uno sforzo maggiore di altri e quindi poi ce li sentiamo un pochino più “nostri” rispetto ad altri su cui andiamo via lisci senza troppi intoppi.

Insomma, ci sentiamo nel nostro piccolo tutti un po’ artisti e sognatori. D’altra parte l’arte, lo dice la parola stessa, sta anche nel nostro ruolo di Art Director.