Non tutti lo sanno, ma ho un passato da sportiva. Per più di un decennio sono uscita da scuola – da quella dell’infanzia fino al liceo classico – per trascorrere il resto del pomeriggio in una palestra, a dedicarmi a quell’attività antica quasi come il mondo che è la ginnastica artistica.

Che la palestra sia una scuola di vita me lo sono sentita ripetere infinite volte dagli allenatori, in seguito ho potuto constatarlo. Ho imparato che l’impegno e la costanza alla lunga finiscono per pagare, che spesso e volentieri i limiti sono nostre costruzioni mentali e che quindi si finisce sempre a competere prima contro sé stessi e solo dopo contro gli altri. Ma soprattutto ho imparato che le sconfitte fanno parte del gioco e sono uno stimolo a fare meglio.

Tutto questo l’ho messo in pratica prima sui libri, tra scuola e università, e poi sul lavoro. Cos’ha in comune la ginnastica artistica con il lavoro in un’agenzia di comunicazione? Chiudete gli occhi, respirate nell’aria l’odore della polvere di magnesio, stringetevi le cavigliere e seguitemi!

Il Volteggio

Passi rapidi che si susseguono fino a correre, un salto a piedi pari sulla pedana per completare una figura in volo – senza dimenticare l’atterraggio! Una manciata di secondi per dare prova della propria forza e abilità.

Se penso ai salti al volteggio, mi vengono in mente quelle attività di comunicazione che devono esprimere tutto il loro potenziale in tempi contingentati. A complicare la situazione, spesso è anche la fase di produzione che ne procede il lancio, che deve essere necessariamente “one shot, one kill”.

Un caso su tutti? Il video advertising: abbiamo pochi secondi per raccontare gli aspetti che rendono unico un brand, anni di cultura aziendale, capitali investiti in ricerca e sviluppo. Le riprese vengono concentrate in un paio di giornate ed è quindi indispensabile avere ben chiaro uno script che sia funzionale alla storia che vogliamo raccontare perché, una volta disallestito il set, non avremo una seconda possibilità.

La trave di equilibrio

Una superficie di dieci centimetri, posta ad un metro e mezzo dal suolo, sulla quale dare prova di stabilità e controllo dei movimenti: fin da piccola è stato per me l’attrezzo più temuto in assoluto. Il punto di rottura l’ho raggiunto durante una competizione: sono salita tremante come una foglia e sono caduta una, due, tre volte. Davanti ai giudici e alla mia allenatrice ho gettato la spugna, tornandomene a sedere in panchina tra i singhiozzi senza completare la routine (la sequenza di azioni della prova, ndr).

Ho incassato un punteggio di 0,9 su 10 ed una bella lavata di capo che deve aver fatto scattare qualche molla: ho cominciato a passare più tempo in equilibrio su quei dieci centimetri di legno, imparando a misurare i miei movimenti, che qualche volta possono essere più ampi ed altre volte devono rimanere più contenuti. Ho esorcizzato la paura di non farcela e sono salita su un podio.

A questo penso quando qui in agenzia mi tocca affrontare attività che per me costituiscono ancora una sfida: ad esempio, quella fase della cosiddetta lead generation in cui un prospect diventa cliente. Come sulla trave, sono costretta a mantenermi in equilibrio tra un approccio commerciale ed uno più consulenziale, rispettando gli spazi del prospect ma allo stesso tempo tenendo a mente il mio obiettivo, cioè acquisire il cliente.

Se mi sbilancio, cado.

 

Le parallele asimmetriche

Allenarmi sulle parallele mi ha sempre divertito e così finivo per passarci la maggior parte del tempo, rendendole di fatto una confort zone. Questo da un lato mi ha portato negli anni a voler sperimentare figure sempre più belle e complesse. Ricordo quando sfogliavo il codice ignorando la difficoltà degli elementi: “oggi voglio provare questo!”, dall’altro però spesso ho finito per sottovalutare alcuni aspetti dell’esecuzione dell’esercizio, ritrovandomi così a sbagliare cose che credevo di sapere.

Questa riflessione si adatta bene al rapporto con i social media. fanno talmente parte della nostra quotidianità che talvolta ne sottovalutiamo alcuni aspetti, soprattutto in ottica professionale.

Ed ecco che qui in agenzia non abbiamo un solo social media manager, ma ci sono più figure che guardano ai social con occhi diversi: c’è chi si occupa di tono di voce e di messaggio, chi invece deve far parlare colori e forme, chi dei social indaga le metriche, chi si occupa di customer care e deve quindi confrontarsi con i feedback della community.

Così facendo l’approccio ai social è scomposto in tante attività che restano sinergiche, ma che riusciamo a controllare meglio, evitando il più possibile scivoloni durante “esercizi di routine”.

Il corpo libero

Forse la tipologia di allenamento più rappresentativa della ginnastica artistica, il corpo libero è un’insieme di tante abilità differenti. Il fulcro di una routine sono gli incredibili elementi acrobatici, ma tra i cosiddetti “obbligatori” non possono mancare salti tipici della danza classica, che richiedono flessibilità ed una certa eleganza nell’esecuzione. Per raggiungere un buon punteggio però un’esecuzione impeccabile degli elementi obbligatori non basta: è necessario infatti inserirli all’interno di una coreografia che nasca da un concept originale e – perché no – creativo, e che si possa avvalere di un brano musicale in linea con esso.

Un po’ come quando si va a sviluppare una campagna di comunicazione integrata. Gli elementi che concorrono a farci raggiungere l’obiettivo sono tanti, tutti diversi e tutti ugualmente importanti. Per una buona riuscita della campagna è fondamentale che ci sia una strategia ad orchestrare contenuti, supporti e canali coinvolti.

Siete riusciti a seguirmi fin qui? Vi ho fatto fare un po’ di capriole, è il caso di dirlo.

Comunicare efficacemente è un’attività complessa. Il nostro impegno e la nostra dedizione si possono davvero paragonare a quelli che giorno dopo giorno le ginnaste mettono nei loro allenamenti.

Le cadute a volte sono davvero inevitabili, c’è sempre qualche scivolone in agguato, ma le soddisfazioni sono davvero olimpiche.