Tempo di gomma, orario flessibile in agenzia

Della parola tabù, il dizionario Treccani scrive che viene dal francese tabou. Dice anche che può essere spiegata come una parola o pratica che viene evitata per motivi di decenza o di convenienza sociale”.

Questo sopra è un altro significato di tabù

 

Qualche giorno fa, qui a copiaincolla è uscito il discorso dei tabù che abbiamo in agenzia. Alcuni resistono, altri invece lo erano fino a poco tempo fa e ora non lo sono più. L’orario di lavoro, ad esempio, per molto tempo è stato un nostro tabù ma ora siamo finalmente riusciti a lasciarcelo alle spalle.

La caduta di un tabù assomiglia a quella di un regime autoritario.

All’improvviso viene meno un tappo che teneva sotto controllo pulsioni, slanci, libertà d’azione. Piaccia o non piaccia, quel tappo era una condizione certa e immutabile: abbatterla significa aprirsi all’incertezza. E quello è un po’ il motivo per cui la caduta di tabù e regimi, se banalizzata, se non gestita in anticipo nelle sue conseguenze, può condurre a fasi rischiose.

Può accadere anche con la caduta dell’orario fisso che regola la vita di un posto di lavoro.

La caduta, anche fisica, di un tabù e/o regime

 

Da tempo qualcuno di noi chiedeva una maggiore flessibilità. Da tempo qualcun altro ammetteva di vedere più rischi che benefici. Le riflessioni sono durate a lungo, era un tema che periodicamente usciva.

Sul finire dello scorso anno è stato chiaro a tutti che se volevamo compiere un altro passo verso ciò che vogliamo essere – un’azienda evoluta, un posto che sappia unire alla crescita d’impresa un’altrettanto crescente qualità della vita delle persone che la compongono, un luogo in cui vivere meglio che possiamo molte ore della nostra vita ogni giorno – saremmo dovuti passare anche dalla caduta dell’orario rigido.

Ogni decisione non può che portare ad una serie di altre decisioni.

Avevamo sul tavolo diverse opzioni e alla fine ha vinto quella che prevede uno slot orario in cui chiunque di noi è libero di entrare e un altro in cui siamo liberi di uscire. Nessuno deve comunicare nulla a nessuno. Nessuno deve forzatamente avere orari costanti. Unica regola dell’orario flessibile, che il totale a fine giornata sia di almeno 8 ore lavorate. Andava però messo a punto un sistema che rendesse funzionale e stabile la nuova organizzazione.

Come gestire orari differenti? Come dare un tracciato utile per la nostra amministrazione? Come, banalmente, programmare riunioni senza rischiare che qualcuno legittimamente non fosse in sede in quel momento?

Il punto non è però parlarvi di tutte le questioni sollevate dalla caduta del tabù dell’orario fisso, né di come siano state risolte.

Il punto è che, qui funziona così. Ci si sforza di mettere in discussione ciò che è già acquisito, di non pensare mai che il proprio modo di fare quella cosa sia necessariamente il modo migliore, né che sia immutabile.

Ci si sforza di ricordare sempre che l’attenzione alla singola persona è garanzia di dividendi per il totale delle persone. Una tensione che spinge ad andare oltre la burocrazia per puntare dritti al risultato, anche attraverso vie meno battute.

Spoiler su due temi toccati dalle righe qui sotto: “muri e picconi” e “passato vs. avvenire”

 

Ci sono due morali noiose-ma-veloci per questa storia sull’orario flessibile.

La prima è che anche se fai un lavoro da scrivania e/o d’intelletto, non puoi permetterti di non sapere come si impugna un piccone: che se devi abbattere qualche vetusto muro che si mette in mezzo tra quel che sei e quel che vuoi diventare, senza piccone come fai?

La seconda morale è che se devi costruire un nuovo concetto di tempo, la gomma è un buon materiale. È flessibile, può cancellare cose (tipo l’arcaico) e attutire colpi (tipo quelli contro gli ignoti spigoli di ciò che ti riserva il futuro). Se poi con la gomma vuoi anche farci una bolla, fai come Marilyn: soffia.